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venerdì 14 settembre 2018

COME GOOGLE SCALZO' LA CONCORRENZA


da  https://ilmanifesto.it/come-ti-rivoluziono-un-motore-di-ricerca/



Ai lettori ultraquarantenni, la parola «AltaVista» risuonerà come un ricordo lontanissimo. Invece, venti anni fa era probabilmente la pagina web più utilizzata: nel 1998 su www.altavista.com venivano effettuate circa tredici milioni di ricerche al giorno. Poi arrivò Google, con la sua candida pagina web minimale. «Sembra che legga nel pensiero», dicemmo in molti: qualunque contenuto si cercasse, Google presentava istantaneamente i risultati migliori. Nel giro di pochi mesi, AltaVista sparì dagli schermi. Come avevano fatto, i giovani Sergey Brin e Lawrence Page, a realizzare un motore di ricerca così efficiente? AltaVista e gli altri motori di ricerca si concentravano sul contenuto delle pagine: chi cercava informazioni su «Leonardo da Vinci» veniva indirizzato verso le pagine web in cui «Leonardo da Vinci» compariva nel titolo o con grande evidenza, oppure nelle «parole chiave» associate alla pagina dal suo autore. Per guadagnare visitatori attraverso i motori di ricerca, dunque, bastava piazzare le parole giuste al posto giusto. Le pagine più segnalate da AltaVista non erano necessariamente le più affidabili, ma quelle realizzate dal piazzista di parole più bravo.
Brin e Page capirono che le informazioni più rilevanti non risiedono nelle pagine web, ma nei link che le collegano. Per tornare al nostro esempio: una pagina web dedicata a «Leonardo Da Vinci» è rilevante soprattutto se altre si collegano ad essa con un link, perché ogni link è un attestato di affidabilità. Dunque, per misurare la qualità di una pagina web bisogna guardare ai link che conducono a essa. Questo era il principio alla base di «PageRank», l’algoritmo ideato da Brin e Page per classificare in ordine di rilevanza le pagine web. L’algoritmo non poteva essere manipolato come quelli usati dai concorrenti, perché l’autore della pagina non può controllare quello che le altre pagine dicono della sua. Negli anni, PageRank fu poi sostituito da algoritmi ancora più efficienti. Ma quel salto tecnologico rimarrà nella storia dell’informazione.
Monopolizzato il settore delle ricerche, per Google fu tutto in discesa. Catalogando le richieste degli utenti si potevano studiarne interessi, preferenze, consumi: una miniera d’oro per il mercato pubblicitario, di cui Google ha conquistato la principale quota. Da sola Google controlla un terzo della pubblicità online con numeri circa doppi rispetto al principale concorrente, Facebook, e i ricavi della società superano i cento miliardi di dollari l’anno. Negli anni, le attività si sono moltiplicate e oggi spaziano dalle mappe geografiche ai test genetici. Sono state acquisite molte start-up promettenti, ma qualche altro progetto innovativo è nato al Googleplex, gli uffici-campus della sede centrale di Mountain View in California.
Ai laboratori Google, ad esempio, è nato Gmail, il servizio di posta elettronica gratuita che rivoluzionò il settore e che oggi viene usato da quasi un quinto dell’umanità. Nel 2004, anno del suo lancio, i principali concorrenti si chiamavano Hotmail e Yahoo. Gmail dava uno spazio a disposizione circa cento volte superiore e un’efficienza mai vista. In cambio, però, chiedeva agli utenti il permesso di «spiare» nelle mail per carpire gusti e interessi degli utenti. Per la prima volta, un’azienda proponeva esplicitamente ai suoi clienti di barattare la privacy in cambio di uno servizio.
L’affare del decennio però non riguarda il mondo dei computer. Google – anzi Alphabet, il brand che ora riunisce tutte le attività del gruppo – controlla anche il sistema operativo Android, presente su quasi nove smartphone su dieci. Nel 2005, mentre i colossi si sfidavano a colpi di brevetti, Google investì su un allora sconosciuto software open source basato sul sistema operativo Linux. Google ne cura lo sviluppo insieme a una comunità di programmatori, ma i produttori di telefoni possono installarlo liberamente e aggiungerci i loro servizi aggiuntivi.
Non si tratta di beneficenza: insieme ad Android, quasi tutti i marchi installano anche altre funzionalità targate Google (come Gmail o le mappe), più tre milioni di app che generano un flusso ininterrotto di dati personali verso i server di Mountain View.

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