da http://ilmanifesto.info/le-nostre-macerie/
Le parole di
cordoglio – «l’Italia piange», «il cuore grande dei volontari», «con il cuore
in mano voglio dire che non lasceremo da solo nessuno» – pronunciate dal
presidente del consiglio ieri mattina in televisione a poche ore dalla
tragedia, avrebbero dovuto suscitare condivisione se non le avessimo già
sentite ripetere troppe volte per non provare, invece, insofferenza, rabbia,
indignazione. Forse perché non c’è altro evento più del terremoto capace di
mettere a nudo lo sgoverno del
nostro paese, l’incapacità delle classi dirigenti di mettere in campo l’unica
grande opera necessaria alla salvaguardia di un territorio nazionale
abbandonato all’incuria, alla speculazione, alle ruberie (come i processi del
post-terremoto dell’Aquila hanno purtroppo mostrato a tutti noi).
Nessun paese
industriale, con un elevatissimo rischio sismico come il nostro, viene
polverizzato ogni volta che la terra trema. Le cifre imbarazzanti stanziate un
anno dopo l’altro per la sicurezza ambientale nelle leggi finanziarie danno la
misura dell’inconsistenza delle politiche di intervento. Dal 2009 a oggi è stato messo in
bilancio, ma solo perché in quel momento eravamo stati colpiti dallo
spappolamento dell’Aquila, meno dell’1 per cento del fabbisogno necessario alla
prevenzione. E’ la cifra di un fallimento storico, morale, politico.
Chiunque
capisce che prima di abbassare le tasse alle imprese, prima di distribuire 10
miliardi divisi per 80 euro, bisognerebbe investire per costruire l’unica
grande impresa che i vivi reclamano anche a nome dei morti.
Chi ci
amministra ha costantemente lavorato alla dissipazione delle nostre risorse
comuni. Il paese è allo stremo ma nessuno, nemmeno questo governo, cambia
direzione. Con investimenti tecnologici, ripopolamento delle terre interne,
salvaguardia del patrimonio culturale, paesistico. E finalmente lavoro per gli
italiani, per gli immigrati. Finalmente progetti ambiziosi per uno sviluppo
economico di qualità legato ai territori e alle loro istituzioni. Non ci sono
soldi? E quanti ne spendiamo per il rattoppo delle voragini materiali e morali?
Purtroppo
oltre a temere e piangere ogni volta le vittime della mancata prevenzione
(andiamo verso l’autunno, pioverà, saremo esposti al pericolo di frane e
alluvioni), dobbiamo aver paura anche della ricostruzione. Nelle pagine
dedicate al terremoto pubblichiamo un pro-memoria dei cittadini dell’Aquila che
riassume come meglio non si potrebbe i danni, i pericoli aggiunti con gli
interventi edilizi post-terremoto. Perché accanto al simbolo della tragedia di
sette anni fa, il monumentale palazzo della Prefettura del capoluogo abruzzese,
oggi abbiamo l’ospedale di Amatrice colpito perché nemmeno questo edificio era
costruito con criteri antisismici. E nessuno dimentica le macerie della scuola
di San Giuliano di Puglia con i suoi piccoli rimasti sepolti, come i bambini
morti ieri sull’Appennino.
Il numero
delle vittime sale ogni ora, persone uccise dall’incuria di chi aveva il dovere
di provvedere e non lo ha fatto, nemmeno per salvaguardare scuole, ospedali,
edifici pubblici. Rivedremo le tendopoli, assisteremo allo sradicamento degli
abitanti, alla desolazione dell new-town. Speriamo almeno di non dover
riascoltare le risate fameliche di chi ora aspetta l’appalto.
Nessun commento:
Posta un commento