Testo

Tel. 3319034020 - mail: precariunited@gmail.com

domenica 4 marzo 2012

SUNDAY MAGAZINE


4 MARZO 1943
(Pallottino-Dalla)

Dice che era un bell'uomo
e veniva, veniva dal mare...
parlava un'altra lingua...
però sapeva amare;
e quel giorno lui prese mia madre
sopra un bel prato..
l'ora più dolce
prima di essere ammazzato.
Così lei restò sola nella stanza,
la stanza sul porto,
con l'unico vestito
ogni giorno più corto,
e benché non sapesse il nome
e neppure il paese
m'aspetto' come un dono d'amore
fino dal primo mese.
Compiva sedici anni quel giorno
la mia mamma,
le strofe di taverna
le cantò a ninna nanna!
e stringendomi al petto che sapeva
sapeva di mare
giocava a far la donna
col bimbo da fasciare.
E forse fu per gioco,
o forse per amore
che mi volle chiamare
come nostro signore.
Della sua breve vita, il ricordo,
il ricordo più grosso
e' tutto in questo nome
che io mi porto addosso.
E ancora adesso che gioco a carte
e bevo vino
per la gente del porto
mi chiamo Gesù bambino.
E ancora adesso che gioco a carte
e bevo vino
per la gente del porto
mi chiamo Gesù bambino.
---------------------------------------


IL PROFUMO DELLE FREESIE

Adesso li aveva sotto gli occhi, quei due volumi: sul terzo ripiano della libreria, dove erano sempre stati in quei mesi.
Ma come aveva potuto non vederli per tanto tempo? Valentina accarezzò con un dito le copertine e una lacrima rotolò improvvisa sulla guancia: era per Matteo…
Nell’Agosto dell’anno precedente aveva litigato più volte con Elena, che continuava a portarle nominativi di psicoterapeuti, convinta che lei poteva, anzi doveva, superare gli attacchi di ansia che da mesi la tormentavano.

Elena era la sua migliore amica e sua socia da anni (gestivano insieme un negozio di cosmetici e profumeria), eppure non la conosceva bene, se pensava davvero che lei avrebbe potuto parlare dei suoi problemi con un estraneo: solo l’idea le metteva addosso un tale malessere da farla desistere subito, e l’amica avrebbe dovuto capirlo, invece di insistere!
Alla fine aveva ceduto per sfinimento, prendendo il biglietto da visita (Dott. Matteo Fandra, psicologo, psicoterapeuta ecc… ecc… ) e buttandolo senza convinzione nella borsa, decisa a lasciarlo lì e dimenticarlo.

Non lo aveva dimenticato invece: dopo l’ennesima notte insonne, dopo l’ennesimo risveglio

in preda ad una angoscia tanto acuta quanto indecifrabile, aveva deciso che era il momento
di fare qualcosa: non che avesse grandi aspettative riguardo alle terapie, ma neppure poteva continuare a stare male in quel modo.
*******
Ci siamo, pensava adesso di fronte allo psicologo.
Era arrivata ridicolmente in anticipo, e per diversi minuti aveva passeggiato lanciando occhiate timorose alla targa sul portone della palazzina: alla fine aveva fatto quasi di corsa, come per impedirsi di cambiare idea, le quattro rampe di scale fino allo studio.
Era tutto diverso da come aveva immaginato: una sala d’aspetto luminosa e piuttosto spoglia con colorate locandine di film alle pareti, alcune piante esotiche, e lo psicologo che era venuto ad aprire con un largo sorriso.
Valentina era quasi sobbalzata di fronte a lui: si aspettava un dottore di mezza età scialbo e serioso, non certo un uomo giovane, forse poco più che trentenne, snello e abbronzato come chi fa molto sport all’aria aperta: lunghi capelli biondo scuro e una t-shirt verde e arancio sui jeans sdruciti gli davano un’aria allegra e rassicurante .
Tormentando i manici della borsa lei iniziò a parlare dei suoi disturbi di ansia, ma lui la interruppe come se questo non fosse importante, chiedendole invece di raccontare ciò che lei era: i suoi ricordi, i suoi desideri, i suoi sogni, quello che le piaceva e quello che detestava.
Valentina si lanciò a raccontare, con voce via via più sicura, fino a che Matteo accennò un gesto di scusa e prese da un cassetto una scatola di aspirine effervescenti.
“Accidenti a me….gli ho fatto venire il mal di testa con le mie chiacchiere..” pensò lei mortificata,
e stava per alzarsi decisa ad andarsene: ma l’altro prese una compressa e la gettò nel vaso di fiori recisi che teneva sulla scrivania: fiori di campo dalle delicate corolle a colori vivi.
“Dicono che l’aspirina li faccia durare più a lungo, chissà….ma, ti prego…
Mi stavi raccontando del tuo lavoro…”
La discesa dalle scale fu veloce quanto la salita, ma per le ragioni opposte: si sentiva sollevata,
piacevolmente sorpresa, con la mente già rivolta alla settimana seguente.
Con una certa meraviglia da parte di Elena, che si informava dopo ogni seduta, la terapia procedeva speditamente: Valentina aveva tante di quelle cose da dire e da affrontare, e Matteo era la persona giusta per aiutarla, lo aveva sentito subito: non dipendeva solo dalla sua bravura, c’era qualcosa d’altro che lo rendeva speciale… (Che stupida! Non ti sarai presa una cotta per lui, come una quindicenne ingenua? Lo sai bene che cos’è il transfert, no? No, certo non è solo quello…lui è davvero una persona meravigliosa…certo anche un uomo attraente, ma che c’entra…ma guardati, davvero una quindicenne! Beh, però questa terapia sembra che funzioni…ma forse è solo perché voglio che funzioni…certo se lui sapesse riderebbe di me…spero solo che non si accorga di come lo guardo, di come sbircio i suoi occhi verdi…se si accorge sprofondo nel pavimento…)
******
Si incontrarono ogni settimana, fino alla metà di Dicembre: a quel punto lei stava molto meglio (da tanto tempo non usava più questa espressione…) e poteva farcela finalmente da sola.
Durante l’ultimo incontro parlarono delle loro letture preferite: lui amava molto i thriller di un autore emergente, le diede un paio di titoli; alla fine si salutarono con un abbraccio e Matteo si fece promettere che lei avrebbe dato di tanto in tanto notizie sui suoi progressi, che sarebbero stati notevoli, ne era sicuro.
Nel periodo natalizio Valentina acconsentì a fare un breve vacanza in Austria con Elena e altri amici: era il suo primo viaggio da anni, ma lei si sentiva di affrontarlo e riuscì a divertirsi come non avrebbe sperato.
Sulla via del ritorno, nel tragitto dall’aeroporto a casa di fermò a comprare i libri che Matteo le aveva consigliato: fu in un bar adiacente alla libreria, dove il gruppo di amici era entrato per uno spuntino, che Valentina trovò su un giornale la notizia.
“Tragico incidente in mare….partiti in quattro…collisione…Gior… Mandelli …e Matteo Fandra…ritrov…oggi……miglie …dol…funer...
Continuò a leggere, fino a che le lettere contorte dalle lacrime non si offuscarono del tutto…
Pianse per giorni, rifiutandosi di uscire di casa: Elena passava ogni giorno a trovarla, ora con una scusa ora con l’altra le stava vicina, ma quando accennò timidamente a cercare un altro terapeuta, ricevette un’occhiata così tagliente che non osò continuare: si limitò a prendersi cura di lei, da vera amica, senza fare domande.
L’inverno stava finendo e lentamente le cose sembrarono volgere alla normalità: Valentina tornò al negozio, ricominciò a sorridere ai clienti, a passeggiare in centro durante le pause…e una sera decise di iniziare a leggere uno dei due libri che aveva comprato durante il viaggio.
Lo cercò tra quelli del terzo ripiano della libreria, dove sistemava tutti i romanzi, ma facendo scorrere lo sguardo sui titoli si accorse che non riusciva a trovarlo.
Cercò sugli altri ripiani, poi sulla mensola vicina alla finestra, poi nelle altre stanze, ma non si trovava né quello né l’altro.
Era sicura di non averli prestati, in ogni caso chiese a sua sorella, a tutti i suoi amici, persino al ragazzo dell’appartamento di fronte: niente.
Era davvero strana questa cosa: lei non perdeva mai neanche uno scontrino, la sua mania di conservare tutto era proverbiale…non era davvero possibile…
Ci pensava irritata e dispiaciuta, tutte le volte che riordinava e spolverava la libreria: cercava di nuovo, ricontrollava, ormai era una sua ossessione: un mattina, stanca, decise di arrivare al primo negozio e ricomprarli, quei due benedetti libri.
Quando parcheggiò la macchina davanti al negozio aveva appena smesso di piovere: alcune gocce erano rimaste sospese alle foglie nuove dei platani, alle stecche del cancelletto di ferro lì vicino: come piccole lenti luminose intrappolavano gli oggetti intorno, brillavano in un istante di bellezza prima di tuffarsi nel vuoto
Valentina indugiò un attimo, aspirando l’aria fresca: poi, invece di dirigersi verso la libreria iniziò a passeggiare lungo la strada alberata.
Camminò a lungo, lentamente, lasciandosi investire dai colori dai suoni dagli odori della città, che per tanto tempo le erano solo scivolati addosso senza sfiorarla: si fermò quando avvertì un sottile profumo di fiori.
Dietro l’angolo un fioraio aveva messo fuori grandi vasi colmi di freesie coloratissime:
si fermò a comprarne un mazzo.
Erano fiori di serra dal profumo tenue, ma per il momento a lei poteva bastare.
Tornata a casa sistemò con cura le freesie nel suo vaso di cristallo a forma di cubo: lo sollevò per
ammirare il risultato, ma attraverso la trasparenza del cristallo le sembrò, per un istante, di vedere qualcuno: solo uno sguardo fuggevole, un brillio di occhi verdi…
Con il fiato sospeso abbassò lentamente il vaso dei fiori, guardando davanti a sé:
non c’era nessuno, solo la sua libreria con i soliti volumi sistemati in ordine.
Sul terzo ripiano c’erano i due thriller che per tanto tempo aveva creduto persi.
Valentina asciugò la lacrima che scorreva sulla guancia: poi si ricordò di una cosa .
Sparì in camera, per tornare poco dopo, con in mano una compressa di aspirina effervescente:
con un sorriso la gettò in acqua, e rimase intenerita a guardare le bollicine che sciamavano allegramente intorno agli steli delle freesie.

A Maurizio.
Adesso il tuo sorriso è luce sulle vette innevate.


( di Roberta)
----------------------------
Se un giorno dovessi morire,
morire in strada e sconosciuto,
intendo,
perché caduto due volte tanto,
per giunta scioccamente,
in primavera ad esempio,
e perché privo di documenti
di riconoscimento,
difatti,
la tasca della giacca
ne sarà priva.
si porti, dunque,
il mio cadavere in un campo
anche non di grano,
semmai selvatico
o giardino di fortuna.
Issatelo,
per amor di natura
o ciclo di vita,
sopra un cippo
e mi si bruci.
Le fiamme assolveranno
il loro compito
di salute pubblica
e spirituale.
e la mia polvere
di tutte le ecologie
ancora presenti nei mari del cielo
e dell’anima
di basamenti, archi, volte
e colonne sui cigli
degli snodi e raggruppamenti
del fanghiglia umana,
sia dispersa
tra la collina e il mare dalle zampe
e dalle ali nell’ultima ora
della loro breve intensa vita ultra colorata.
E da qualche parte possiate
troviate compenso per l’atto dovuto,
la città dei morti che non hanno
ragion d’essere moneta.
ma non mi dispiacerebbero
che m'addentassero le fameliche fauci di licaoni,
lupi feroci disperati
dalla prole
affamata e ululante
e avvoltoi e iene e becchi
e mandibole
e dio
primordiali.

Transit Medina
Sponde del Mediterraneo

15 commenti:

brunaccio ha detto...

Non sono mai stato un fan di Dalla ma devo dire che alcune canzoni belle ce le ha, e questa è quella che mi piace di più, così, visto che oggi è il 4 marzo e ci saranno i suoi funerali mi è piaciuto metterla.

Il testo, scritto dalla Palladino, è molto bello, per il tono da epica popolare e per quel cristianesimo istintivo e popolare che apprezzo assai più del cristianesimo ecclesiale, mentre il giro di violino, di Dalla, mi pare musicalmente interessante.

Ovvio che, come per ogni magazine, gli interventi di chiunque abbia piacere non devono essere legati al post.

Anonimo ha detto...

anche a me di Dalla piacciono solo alcune canzoni...

beh fuori tema vi mando il link del mio ultimo racconto...

http://www.liberaeva.com/1autori/9/lasartinaILPROFUMODELLEFREESIE.htm

Anonimo ha detto...

scusate, come sempre dimentico di firmarmi...Roberta,
buona domenica a tutti !!!

brunaccio ha detto...

Roberta.

Purtroppo, da quando me lo hai fatto vedere su fb, ancora devo leggerlo .
In questi giorni sono molto di corsa, e anche adesso.
Se in giornata troverò il tempo lo metterò nel post, altrimenti lo farò domani e al più presto lo leggerò e dirò la mia.

Ciao e a dopo.

Anonimo ha detto...

Te voglio bene assaje assaje, ma accussì assaje
ca stù bene me fa paura.

Te voglio bene assaje assaje ma accussì assaje
ca me sento ‘nu criaturo:

nu guagliunciello frische ‘e rezze; ‘nzomma
‘nu piescitiello ‘e cannucce.

Tu cchiù me astrigne, m’accarizze e me vase
e io cchiù me scioglie dint’a tte.

Te voglio bene assaje assaje, ma accussì assaje
ca me sent’e murì e nun m’o spiego.

‘A gente dice ca nisciuno, ma proprio nisciuno
è maje muorto p’o bene ca se dà.

M’addumanno solo si tengo genio ‘e parlà.
Ma ‘n’urdema cosa, ‘a voglio lassà:

Nun bastano ‘e pparole a dicere chello ca vulesse.
Sulo pecchè me metto scuorno a lo dicere,

ma dint’o scuro,

n’ommo chiagne senza ritegno e penza:
tu si’ stella ‘n cielo e rosa mia carnale ‘nterra.

‘Nzieme redevemo e cantavamo:
Te voglio bene assaje.

e quanno ‘a gente ce vedeva, diceva:
p’ammore nun se more, p’ammore nun se more.

Nuje, p’ammore e pe’ dispietto, simmo muorte
dint’e ‘e bbracce noste,

comm’a dduje criature scaveze.
Ma chesto è ll’ammore: vulè bene assaje senza scarpe.

Transit Medina
Sponde del Mediterraneo


Ps: Dalla scrisse La canzone Caruso mentre era con la sua barca nel mare di Surriento.

Anonimo ha detto...

Ci viene naturale spogliare le nostre anime
quando ci baciamo.

Ci culliamo bambini iperattivi
quando siamo lecca lecca di miele e sangria.

Ci fortifichiamo con corazze di risate
quando è l’ora camminare col sosia del sole.

Ci imbarchiamo a scatola chiusa
quando siamo in casa svestiti di nudo corallo.

Ci diciamo, folgorati dal musical dei fiori,
luna che di carne sospira, alba che muore:

è naturale l’avventura;
la nostra vita di in esperti incatenati sognatori.

Ci guardiamo sempre per la prima volta
quando gli occhi di cielo spalancano le imposte

e in noi,
nenia, furia e sponda fluttua l'acqua del mare.


Transit Medina
Sponde del Mediterraneo

Anonimo ha detto...

Ampolle di neve caduta.
Tempi di parole balsamiche.

Medicamenti,
le trascorse vie dell'anima.

Guarigioni
il tempo scaduto dentro e fuori.

Lancette dei giorni,
orizzonti sbucciati le onde del mare.


Transit Medina
Sponde del Mediterraneo

Anonimo ha detto...

La fine di un amore marcescente,
è inizio inesorabile di un altra storia.

breve o lunga, brutta o bella,poco importa:
l'importanza è nella dilatazione che c'invischia

a cui cediamo le nostre pupille accantonate
tra aghi e pietruzze fosforescenti;

l'intensità, argomento scartato, tallona le corde ancestrali dell'anima;

nel ritmo cocciuto,
calcio d'angolo l'immortalità

ventri degli universi,
i piani inclinati, ascendono

carezze di parole perdute,
misture delle ampolle del tempo.


Transit Medina
Sponde del Mediterraneo

Anonimo ha detto...

Ci viene naturale spogliare le nostre anime
quando ci baciamo.

Ci culliamo bambini iperattivi
quando siamo lecca lecca di miele e sangria.

Ci fortifichiamo con corazze di risate
quando è l’ora camminare col sosia del sole.

Ci imbarchiamo a scatola chiusa
quando siamo in casa svestiti di nudo corallo.

Ci diciamo, folgorati dal musical dei fiori,
luna che di carne sospira, alba che muore:

è naturale l’avventura;
la nostra vita di in esperti incatenati sognatori.

Ci guardiamo sempre per la prima volta
quando gli occhi di cielo spalancano le imposte.

Transit Medina
Sponde del Mediterraneo

Anonimo ha detto...

Se un giorno dovessi morire,
morire in strada e sconosciuto,
intendo,
perché caduto due volte tanto,
per giunta scioccamente,
in primavera ad esempio,
e perché privo di documenti
di riconoscimento,
difatti,
la tasca della giacca
ne sarà priva.
si porti, dunque,
il mio cadavere in un campo
anche non di grano,
semmai selvatico
o giardino di fortuna.
Issatelo,
per amor di natura
o ciclo di vita,
sopra un cippo
e mi si bruci.
Le fiamme assolveranno
il loro compito
di salute pubblica
e spirituale.
e la mia polvere
di tutte le ecologie
ancora presenti nei mari del cielo
e dell’anima
di basamenti, archi, volte
e colonne sui cigli
degli snodi e raggruppamenti
del fanghiglia umana,
sia dispersa
tra la collina e il mare dalle zampe
e dalle ali nell’ultima ora
della loro breve intensa vita ultra colorata.
E da qualche parte possiate
troviate compenso per l’atto dovuto,
la città dei morti che non hanno
ragion d’essere moneta.
ma non mi dispiacerebbero
che m'addentassero le fameliche fauci di licaoni,
lupi feroci disperati
dalla prole
affamata e ululante
e avvoltoi e iene e becchi
e mandibole
e dio
primordiali.

Transit Medina
Sponde del Mediterraneo

brunaccio ha detto...

Intanto metto il racconto di Roberta (che ancora devo leggere).
Domani al massimo dirò la mia sul racconto.
Metto anche una delle poesie di Transit, quella che mi è più piaciuta, anche se le ultime due se la giocano.

Ieri all'Arvultura c'è stato un reading di poesia e musica e devo dire che anche da noi ci sono giovani poeti niente male!!

brunaccio ha detto...

Ho letto il racconto di Roberta.

Mi è piaciuto moltissimo e devo dire che un tema così universale come il rapporto eros/thanatos, ovvero amore e morte -che parte dai Greci, attraversa cristianesimo e islam e arriva alla psicanalisi-non era facile da affrontare con originalità proprio per le tantissime volte in cui è stato trattato.

E invece ne è uscito un racconto bellissimo, addirittura commovente,così come lo è la dedica umana finale.

Mi fa piacere averlo letto.

Anonimo ha detto...

Roberta

Grazie Brunaccio per il bellissimo commento...
tengo molto a questo racconto, perchè come forse si intuisce parla di una persona realmente esistita,
che mi è stata di grande aiuto in un periodo difficile...
ho voluto fare un piccolo omaggio alla sua memoria..

Anonimo ha detto...

Roberta,
a livello letterario, ma credo anche nel corpo e nell'anima, non c'è coscienza dell'anima se non si rispetta il corpo individuale e comunitario, sei una bambina che sta crescendo a vista d'occhio. e sono sicuro che ci darai altri bei racconti. adesso però non sentirti in obbligo. la scrittura, in fondo, è un esigenza. sei una che guarda l'orizzonte e oltre il proprio naso, ma rimani con i piedi saldi alla terra. e sguardo lungimirante.

Ps: Robè, non dirò a nessun che per ricevere i miei complimenti e pubblicità, spedisci a casa mia un sacco di biglietti gratta e vinci e un gran numero di buonissime torte. E giacché ci siamo,Robè, sono graditi anche altri manicaretti.
Già pregusto.


Transit

Anonimo ha detto...

Sono Roberta.
Caro Transit, purtroppo in questo periodo sono così impegnata con il lavoro che non ho manco il tempo di mangiarle, le torte...figuriamoci farle....
grazie per le tue belle parole ,comunque,,,
i complimenti per le tue poesie sono socntati ormai....