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venerdì 10 agosto 2012

COLPA DELLE ARMI MA NON SOLO

PUBBLICO ALCUNE RIFLESSIONI DEL REGISTA MICHAEL MOORE SUL PROBLEMA DELLA VIOLENZA E DELLE ARMI IN USA, LUI CHE CON BOWLING A COLUMBINE (C'E' IL LINK PER CHI NON AVESSE MAI VISTO E VOLESSE VEDERE QUESTO DOCUMENTARIO) HA TRATTATO GIA' IL PROBLEMA.
MI PARE INTERESSANTE PERCHE' CONTIENE ANCHE UN RIMANDO ALLA PENA DI MORTE NEL SUO PAESE, ED E' PROPRIO DI QUESTI ULTIMISSIMI GIORNI L'ESECUZIONE DI UN CONDANNATO CON PROBLEMI DI RITARDO MENTALE.

http://www.senzasoste.it/le-nostre-traduzioni/michael-moore-e-colpa-delle-armi-ma-come-tutti-sappiamo-non-solo-delle-armi

Michael Moore: "È colpa delle armi, ma come tutti sappiamo, non solo delle armi"
Amici:
Da quando Caino andò fuori di testa e uccise Abele, ci sono sempre stati degli umani che per una ragione o per l’altra impazziscono in modo transitorio o definitivo e commettono indicibili atti di violenza. Durante il primo secolo avanti Cristo l’imperatore romano Tiberio si divertiva a gettare le sue vittime da una scogliera nell’isola mediterranea di Capri. Gilles de Rais, cavaliere francese alleato di Giovanna d’Arco nel Medioevo, un giorno sbarellò e finì per assassinare centinaia di bambini. Appena qualche decennio dopo Vlad l’Impalatore, in Transilvania, aveva innumerevoli modi orripilanti di eliminare le sue vittime; a lui è ispirato il personaggio di Dracula.
Nell’era moderna, quasi tutte le nazioni hanno avuto uno psicopatico o due che hanno commesso omicidi di massa, per quanto possano essere restrittive le loro leggi in materia di armi: il suprematista bianco impazzito dei cui attentati in Norvegia è stato domenica scorsa il primo anniversario; il macellaio del cortile della scuola a Dunblane, Scozia; l’assassino dell’École Polytechnique di Montreal, l’omicida di massa a Erfurt, in Germania… la lista sembra interminabile. E ora il tiratore dell’Aurora, venerdì scorso. Di pazzi ce ne sono sempre stati, e sempre ce ne saranno.
Ma ecco la differenza tra noi e il resto del mondo: qui succedono DUE Aurore ogni giorno di ogni anno! Almeno 24 statunitensi muoiono ogni giorno (da 8 a 9mila all’anno) per mano di gente armata, e questa cifra non include quelli che perdono la vita in incidenti con le armi da fuoco o che si suicidano con una di queste. Se li contassimo, la cifra triplicherebbe arrivando a circa 25mila.
Questo significa che gli stati Uniti sono responsabili di più dell’80 per cento di tutte le morti da arma da fuoco nei 23 Paesi più ricchi del mondo messi assieme. Considerando che le persone di questi Paesi, come esseri umani, non sono migliori o peggiori di chiunque di noi, allora perché noi?
Sia i conservatori che i progressisti negli Stati Uniti agiscono sulla base di forti convinzioni in merito al “perché” di questo problema. E la ragione per la quale né gli uni né gli altri riescono a trovare una soluzione è perché, in realtà, entrambi hanno ragione a metà.
La destra crede che i fondatori di questa nazione, per qualche forma di diritto divino, le abbiano garantito il diritto assoluto di possedere quante armi da fuoco desiderino. E ci ricordano continuamente che un’arma non può sparare da sola; che “non sono le armi, ma le persone quelle che uccidono”.
Naturalmente sanno di essere intellettualmente disonesti (se posso usare questa parola) quando sostengono questo a proposito del Secondo Emendamento, perché sanno che le persone che hanno scritto la Costituzione volevano soltanto assicurarsi che si potesse convocare rapidamente una milizia tra agricoltori e commercianti nel caso che i britannici decidessero di ritornare a fare un po’ di confusione.
Ma hanno ragione a metà quando affermano che “le armi non uccidono”. Io cambierei leggermente questo slogan per dire la verità vera: “le armi non uccidono; gli statunitensi uccidono”. Perché siamo gli unici nel primo mondo che lo facciamo in massa. E ascoltiamo statunitensi di ogni estrazione sociale portare ogni genere di spiegazione per non dover affrontare quello che c’è veramente dietro a tutte queste stragi e atti di violenza.
Alcuni danno la colpa ai film e ai videogiochi violenti. L’ultima volta che ho controllato, le pellicole e i videogiochi del Giappone erano più violenti dei nostri, però meno di 20 persone all’anno muoiono per le armi da fuoco là, e nel 2006 il totale è stato di due! Altri diranno che è il numero delle famiglie separate che causa così tante morti. Mi dispiace darvi questa notizia, ma in Gran Bretagna c’è quasi lo stesso numero di genitori single che da noi, e tuttavia di solito là i delitti con arma da fuoco sono meno di 40 all’anno.
Persone come me diranno che tutto questo è il risultato di avere una storia e una cultura da uomini armati, “indiani e cowboys”, “prima spara e poi chiedi”. E se è vero che il genocidio di massa dei nativi americani ha creato un modello abbastanza brutto per fondare una nazione, mi sembra di poter dire che non siamo gli unici con un passato violento o un precedente di genocidio.
Ciao, Germania! Proprio così, sto parlando di te e della tua storia, dagli unni ai nazisti, i quali tutti amavano la buona macelleria (così come i Giapponesi, e i Britannici che dominarono il mondo per centinaia di anni, e non ci sono riusciti piantando margherite). E tuttavia in Germania, nazione di 80 milioni di abitanti, si commettono appena 200 omicidi con armi da fuoco all’anno.
Quindi questi Paesi (e molti altri) sono uguali a noi, a parte il fatto che qui più persone credono in Dio e vanno in Chiesa rispetto a qualsiasi altra nazione occidentale..
I miei compatrioti progressisti diranno che se avessimo meno armi da fuoco ci sarebbero meno morti per questa causa. E, in termini matematici, sarebbe vero. Se avessimo meno arsenico nella cisterna dell’acqua, questo ucciderebbe meno gente. Meno di qualsiasi cosa cattiva –calorie, tabacco, reality shows– significherà meno morti. E se avessimo leggi severe in materia di armi, che proibissero le armi automatiche e semiautomatiche e impedissero la vendita di grandi caricatori con una capacità di quadrilioni di pallottole, tiratori come quello dell’Aurora non potrebbero dare la morte a così tanta gente in pochi minuti.
Ma anche su questo c’è un problema. Ci sono montagne di armi in Canada (in maggioranza fucili da caccia), e tuttavia il totale di omicidi è di circa 200 all’anno. In realtà, per la sua vicinanza, la cultura canadese è molto simile alla nostra: i bambini hanno gli stessi videogiochi, vedono gli stessi film e programmi televisivi, e tuttavia non crescono con il desiderio di anmmazzarsi tra loro. La Svizzera occupa il terzo posto nel mondo per possesso di armi procapite, ma il suo tasso di criminalità è basso.
Allora, perché noi? Ho fatto questa domanda dieci anni fa nel mio film Bowling for Columbine, e questa settimana ho avuto poco da dire perché mi sembrava di aver già detto dieci anni fa quello che avevo da dire, e non sembra che sia servito a molto, tranne che ad avere l’aspetto, ora, di una specie di palla di cristallo sotto forma di film.
Questo è quello che ho detto allora e che dirò di nuovo oggi:
1. Noi statunitensi siamo incredibilmente bravi a uccidere. Crediamo nell’uccidere come un modo di raggiungere i nostri obiettivi. Tre quarti dei nostri Stati giustiziano i criminali, nonostante il fatto che gli Stati che hanno il tasso più basso di omicidi di solito sono quelli che non applicano la pena di morte.
La nostra tendenza a uccidere non è solo storica (l’assassinio di indiani, di schiavi e dell’uno con l’altro in una guerra “civile”): è il nostro modo attuale di risolvere qualsiasi cosa ci ispiri timore. È l’invasione come politica estera. Sì, ci sono l’Iraq e l’Afghanistan, ma noi siamo stati invasori da quando “abbiamo conquistato il selvaggio West” e ora ne siamo così dipendenti che non sappiamo più neanche cosa invadere (Bin Laden non si nascondeva in Afghanistan, ma in Pakistan) e perché invadere (Saddam non aveva armi di distruzione di massa né nulla a che vedere con l’11 settembre). Abbiamo mandato le nostri classi inferiori a fare le stragi, e quelli di noi che come me non hanno un loro caro laggiù non spendono un solo minuto di un solo giorno a pensare alla macelleria. E ora mandiamo aerei senza pilota ad uccidere, aerei controllati da uomini senza volto in un lussuoso studio con aria condizionata in un sobborgo di Las Vegas. È la follia.
2. Siamo un popolo che si spaventa con facilità ed è facile manipolarci con la paura. Di che cosa abbiamo così tanta paura che abbiamo bisogno di tenere 300 milioni di armi da fuoco nelle nostre case? Chi crediamo che ci farà del male? Perché la maggioranza di queste armi si trovano in posti da bianchi, nei sobborghi e in campagna? Forse se risolvessimo il nostro problema razziale e il nostro problema di povertà (ancora una volta, numero uno nel mondo industrializzato) ci sarebbero meno persone frustrate, terrorizzate e arrabbiate che allungano una mano verso l’arma che conservano nel cassetto. Forse ci prenderemmo più cura l’uno dell’altro (ecco qui un buon esempio di questo).
Questo è ciò che penso su Aurora e del violento Paese del quale sono cittadino. Come ho citato, ho detto tutto in questa pellicola e se volete potete vederla qui e condividerla gratis con altri. E quello di cui abbiamo bisogno, amici miei, è il coraggio e la determinazione. Se voi siete pronti, lo sono anch’io.

Fonte: http://www.huffingtonpost.com/michael-moore/its-the-guns-_b_1700218.html
Versione in lingua spagnola in La Jornada
Traduzione Andrea Grillo, 27 luglio 2012

2 commenti:

Anonimo ha detto...

SONO BRUNACCIO.

Una cosa al volo: Moore apparentemente sbaglia a fare paragoni col Canada per il discorso della densità: a parte i pochissimi centri urbani la densità del Canada è minima e c'è gente che vive nei boschi ed è normale che abbia armi.
Ma Moore non sbaglia di grosso lo stesso: la densità dei quartieri ghetto e degli slums nasce dalla povert, e dunque sia la violenza dentro gli slums che la percezione della paura nei quartieri ricchi.

Dico solo questo per ora e mi fermo; oggi tra il lavoro ed il nostro festival non so se avrò tempo di tornare sul blog (situazione comune agli altri compagni di Senigallia), semmai lo farò domani.

brunaccio ha detto...

SONO BRUNACCIO.

Come promesso ieri, finisco di dire la mia.
Sbagliato è ovviamente anche il paragone con la Svizzera, nazione con cui non si possono paragonare gli States per struttura economico/sociale, estensione, densità, etnie ecc..., mentre è vero, ma fino ad un certo punto, che non solo gli States sono nati su un genocidio, perchè c'è tutta la storia degli Stati dell'Oceania, ove è stato compiuto un genocidio molto simile a quello dei nativi americani (anche se, almeno per quel che so, molto minore è stato l'uso degli schiavi neri, mentre in Usa la combinazione genocidio indigeno e importazione di manodopera schiavista è fondamentale), ma anche lì si tratta di situazioni difficilmente paragonabili agli States, visto che là c'è il Commonwealth, una densità molto basse e alcune zone ancora molto poco 'civilizzate' e perchè, soprattutto, gli statunitensi con il discorso del cowboy e della frontiera devono ancora realmente farci i conti psicologici, soprattutto nella Bible Belt e comunque nelle aree rurali a profonda tradizione razzista e schiavista.
Però Moore, quando parla delle metropoli, individua due punti secondo me nodali soprattutto se abbinati: questione 'razziale' e questione sociale, che sono intimamente legate, basta vedere il concetto di iperghetto, come dimensione totalizzante, che la sociologia ha molto studiato, e il razzimo sociale dei cosidetti wasp verso latinos e mediterranei...un melting pot in cui non c'è stata l'amalgama giusta per un motivo economico strutturale: l'assenza di qualsivoglia dimensione collettiva di contrattazione e di welfare e il relegare tutto alla gestione individuale, e dunque al perpetuarsi delle differenze di censo, di stile di vita, di luoghi abitativi e quartieri tra le classi socioeconomiche, in cui solo pochi tra i poveri non bianchi emergerà nella società, mentre i 'bianchi poveri' (categoria molto studiata nella sociologia yankee) spesso cade nel razzismo e negli istinti violenti, per la frustrazione di non aver sfruttato la loro chance, visto che il capitalismo statunitense è quello della 'grande occasione', ma chi la perde è al margine.
Credo che questi punti siano imprescindibili per una riflessione sulla violenza e sull'uso delle armi da fuoco in Usa.