Testo

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domenica 27 gennaio 2013

IL GIORNO DELLA MEMORIA

DEDICATO A TUTTE LE VITTIME DI IERI E DI OGGI DEL RAZZISMO, DEL CAPITALISMO, DELLA SOPRAFFAZIONE IN QUALSIASI PARTE DEL MONDO.

'Chi non ricorda il passato è destinato a riviverlo' (Georges Santayana)

Ogni tempo ha il suo fascismo: se ne notano i segni premonitori dovunque la concentrazione di potere nega al cittadino la possibilità e la capacità di esprimere ed attuare la sua volontà. A questo si arriva in molti modi, non necessariamente col timore dell'intimidazione poliziesca, ma anche negando o distorcendo l'informazione, inquinando la giustizia, paralizzando la scuola, diffondendo in molti modi sottili la nostalgia per un mondo in cui regnava sovrano l'ordine, ed in cui la sicurezza dei pochi privilegiati riposava sul lavoro forzato e sul silenzio forzato dei molti.
(Primo Levi)

CIOCCOLATA VERA
La pratica dello stupro di gruppo di prigioniere da parte dei soldati era un fatto comune nei campi...

– recluso anonimo di Auschwitz –



Mi attirarono fuori dalla baracca
con promesse di cioccolata
e parole come ”Schätzchen”,
ma le altre donne sapevano,
e, ancor prima di udire i rumori là fuori,
mi chiamarono puttana dei soldati.
Anch’io sapevo,
ma la fame ha un modo tutto suo di cambiarti,
e di farti scordar chi sei.
Buffo, come vi possa essere speranza nella disperazione.
Gettarono la cioccolata per terra
e risero: ”Da friß.” La desideravo da impazzire,
ma il sapore fu di fango. ”Dreh dich rum, Judenschwein.”
Vidi enormi stivali neri, paia e paia,
e il terreno così fangoso
da far sprofondare il mio corpo.
Tirai su il mio abito da prigioniera ed allargai le gambe.
Erano così leggere e s’aprirono così facilmente
che ringraziai Dio, sapevo
che non avrei resistito.
Questo corpo non è più mio, questa fame;
finalmente, non c’è più motivo di lottare.
Mi chiedo ora se il loro desiderio di me
fosse una brama di morte:
fottere una donna calva ch’era soltanto pelle e ossa,
la cui unica salvezza era una tazza di zuppa acquosa
per cena, una fetta di pane raffermo,
e forse, se i soldati l’avessero di nuovo voluta,
questa volta, un pezzo di cioccolata vera.
(Stewart J. Florsheim)


LA GARANZIA
Nel Sonderkommando ti erano garantiti tre mesi di lavoro latte pane lenzuola pulite cioccolata dolciumi cognac e tre mesi di vita.

Lily Brett

IL VIOLINISTA DI AUSCHWITZ

A Jack-Yaacov Strumsa
– superstite di Salonicco

Ogni mattino
anche quando per caso
non c’è stato nessun incubo
quando non mi son destato
in un sudore freddo,
quando non mi sono alzato nello spavento,
nel terrore delle SS.
Proprio ogni mattino.

Mi domando
dove andrò oggi?
Mi vesto, bevo il tè,
avvio l’auto
e parto ?
per dove?

Il motore ronza sommesso
i luoghi scorrono via veloci
il viale, i semafori
la strada s’inerpica,
su per la collina,
il cancello aperto.
Ogni mattino
Yad Va’Shem ?

il Memoriale dell’Olocausto.

Lo stesso borbottio
le stesse voci
le stesse note
la stessa musica
la marcia
la piccola città in fiamme.
La musica guida la mia auto,
mi trascina come una calamita
come un cavo
come la catena di un argano
a Yad Va’Shem.

La Tenda della Memoria
il Lume Perpetuo
candele
la Sala dei Nomi
foto, occhi,
denti, dentiere d’oro, capelli umani.
Qui stanno le camere a gas,
i forni,
i crematori
e gli ebrei in informi abiti a strisce
che spostano corpi.
Donne nude che cercano invano
di celare la loro vergogna
sul ciglio della fossa comune.
Mancano soltanto
il fetore, il fumo e la musica.

Cosa significano il rumore,
la cadenza dei passi

“Links, sinistra, sinistra…!”
La frusta, gli spari,
“Il lavoro rende liberi”
sull’arco sopra il cancello.
E tutt’intorno
mura, cani, e filo spinato;
elenchi di nomi e di numeri
e c’è una mano ? Yad, mani.
Nella parata, chi viene, chi va
da dove, per dove?

Là io suonavo il violino,
fui selezionato
per l’orchestra
che ogni giorno accompagnava, con la musica,
gli ebrei spinti
nelle camere a gas
sull’orlo dell’abisso ?
al luogo da cui nessuno fa ritorno,
nessuno torna indietro
è soltanto rimosso, cadavere
per gli inceneritori.

Non v’è più bisogno di correre
nessun motivo di terrore
ma quella melodia echeggia ancora nella mia testa.

E così arriverò
qui, oggi ieri
domani,
davanti alla foto dei suonatori:
un’orchestra che guida
la processione infinita di quelli che camminano
nella Valle dell’Ombra della Morte.

Sì, ora sono un nonno
dai capelli bianchi;
rimane ben poco di me

ma i miei tratti somigliano ancora,
un po’, al violinista, a me,
là sulla foto
di Auschwitz.

E può accadere
che un visitatore di Yad Va’Shem mi osservi,
fissi la parete, e resti sorpreso.
Come se vedesse qualcuno
al di là di uno spartiacque ?
un’apparizione che, per lui,
appartiene all’altro mondo;
che, per me, è
quel mondo che fu.

Mattino dopo mattino
giorno dopo giorno
arriverò qui,
con quella musica che mi perseguita,
a quelle immagini sulla parete
a quel fetore nelle narici
che solo io posso avvertire.

Questo è il mio luogo, gli appartengo.
Non sono una “statua vivente”:
son vivo.
Di questo monumento
sono una parte.
Questo Yad Va’Shem ?
Mano e Nome ?
e corpo:
il mio.


Moshé Liba

http://www.cineblog01.org/train-de-vie-un-treno-per-vivere-1998/







CONTRIBUTO DI TRANSIT

Ricordo. M'arricordo. 
Ricordare non è mai dimenticare. Dimenticare è tradire. Anche se qualche volta mi sono esercitato a dimenticare. Ci ho provato, ma è stato peggio. Tradivo me e l'intera umanità.

Ricordo. M'arricordo.
Io, sapete, non sono uno soltanto. Ho la mia faccia di tante altre. Io, anzi noi, siamo vite a non finire. I nazisti e i fascisti d'ogni nazione si sono messi insieme e come obbiettivo, da allora a oggi, hanno come obbiettivo volerci finire nel forno del campo di concentramento. In polvere.

Ricordo. M'arricordo. 
Dovete aver pazienza quando scrivo m'arricordo: è un termine del mio dialetto; parte del mio corpo. sono cresciuto con il latte della lingua madre: il dolore. E perciò parlata internazionale. 

Ricordo. M'arricordo. 
Ci presero e ci portarono via in un treno dai freddi vagoni. Il gelo nel sangue. Eravamo venti. E tutti piccoli. Tra il primo e l'ultimo ci differenziano quattro anni. Siamo una piccola gamma. 

Ricordo. M'arricordo.
Mi chiamo Sergio. Io sono Anna. Mi chiamo David. Io sono Ester. Mi chiamo Giuseppe. Io sono Sara. Mi chiamo Igor. Io sono Cecilia. Mi chiamo Giacobbe. Io sono Ciro.
Mi chiamo Simone. Io sono Maddalena. Mi chiamo Spartaco. Io sono Anastasia. Mi chiamo Giovanni. Io sono Isabella. Mi chiamo Sebastiano. Io sono Ipazia. Mi chiamo Alessandro. Io sono Maria. Ci seviziano. Ci fanno del male usando strumenti chirurgici per studiare come reagiamo. Ci offendono. Ci violentano a turno o insieme. Ci ammutoliscono nella polvere. 

Ricordo. M'arricordo.
Ma i ricordi emergono non appena splende il sole o quando la notte scura cala nell'anima e nel corpo. Nonostante la lotta con l'oblio, nulla è assente. La goccia che cade dalla grondai. Il fruscio di una foglia. I passi sull'acciottolato. Il mare I nostri ricordi sono il dolore che come gobbe spuntano dentro e fuori di noi, ma che nessuno vuole vedere e toccare. Non ricordateci solo per ciò che siamo stati, ma per le vite che non abbiamo vissute e amate.

4 commenti:

Anonimo ha detto...

SONO BRUNACCIO

L'agghiacciante persecuzione nazista colpì, a parte gli ebrei (il genocidio come tale iniziò a prendere forma quando iniziarono le difficoltà sul fronte russo), gli handicappati (il primo genocidio nazista), gli oppositori politici, gli omosessuali col triangolo rosa e vittima di esperimenti pseudoscientifici per 'guarirli' soprattutto ad opera delle SS scandinave, e varie situazioni di gruppi religiosi, irreligiosi (i freidenker, che erano associazioni di liberi pensatori) e singoli individui come asociali col triangolo nero (e le lesbiche erano in questi triangoli neri visto che non veniva nemmeno riconosciuto lo status di omosessuale donna); per non contare la guerra di annientamento contro i sovietici e i massacri sulle popolazioni slave, con un occhio particolare ai serbi nei lager croati e massacrati dalle SS albanesi e bosniache, e ovviamente pensando agli zingari, che tentarono anche una rivolta ad Auschwitz con grande orgoglio e coraggio.

Il Giorno della Memoria è diventato anche il giorno delle vittime di tutti i razzismi, ma dato che nasce in occasione dell'ingresso dell'Armata Rossa ad Auschwitz, credo che sia sempre utile sottolineare la valenza antisemita e dunque, come ho fatto nel post, dare grossi riferimenti di cultura e sensibilità ebraica, visto che l'antisemitismo è un tratto fondamentale del nazismo in quanto tale e dunque è giusto dare una connotazione ebraica.

Vorrei aggiungere un punto, riguardo la Palestina.
Dato che indubitabilmente gli israeliani nascono da una vergognosa sottrazione di terre a danno dei palestinesi e ancora tengono quel popolo vittima di un brutale imperialismo, si dice spesso che 'le vittime sono diventate carnefici'.
Io starei molto attento a questo tipo di retorica.
Le vittime morte rimangono vittime e ovviamente nulla c'entrano con l'imperialismo israeliano.
Quelli che ne sono usciti si dividono tra fautori di Israele, indifferenti e contrari.
Così come gli ebrei nel mondo sono popoli diversissimi, diversi nei vari continenti e spesso lontanissimi dal problema israeliano.
Se non ci fossero stati secoli di antisemitismo a rafforzare l'orgoglio di questo grande popolo, probabilmente gli ebrei sarebbero estinti da un pezzo, visto che solo la tradizione antica è ormai il collante tra persone, classi ed etnie ebraiche totalmente diverse.
Che poi in questo arcipelago ebraico, i gruppi più legati al capitalismo internazionale e all'imperialismo abbiano compiuto l'operazione che sappiamo sin da fine '800, e che oggi i gruppi finanziari ebraici statunitensi siano i suoi caldeggiatori (oltre al fatto che Israele è stata la portaerei del capitalismo atlantico in Medio Oriente, e per questo ha potuto sempre violare impunemente tutte le risoluzioni ONU che voleva)è verissimo.
Dunque si capisce perchè sostengo che parlare di shoah e di ebrei e palestinesi, dicendo che le 'vittime sono diventate carnefici'è un'approssimazione molto pericolosa, visto che si accusano gli ebrei del comportamento di una loro parte.
E la Storia ci spiega bene come sia pericoloso il meccanismo della colpa collettiva...

Transit ha detto...

Ricordo. M'arricordo.
Ricordare non è mai dimenticare. Dimenticare è tradire. Anche se qualche volta mi sono esercitato a dimenticare. Ci ho provato, ma è stato peggio. Tradivo me e l'intera umanità.

Ricordo. M'arricordo.
Io, sapete, non sono uno soltanto. Ho la mia faccia di tante altre. Io, anzi noi, siamo vite a non finire. I nazisti e i fascisti d'ogni nazione si sono messi insieme e come obbiettivo, da allora a oggi, hanno come obbiettivo volerci finire nel forno del campo di concentramento. In polvere.

Ricordo. M'arricordo.
Dovete aver pazienza quando scrivo m'arricordo: è un termine del mio dialetto; parte del mio corpo. sono cresciuto con il latte della lingua madre: il dolore. E perciò parlata internazionale.

Ricordo. M'arricordo.
Ci presero e ci portarono via in un treno dai freddi vagoni. Il gelo nel sangue. Eravamo venti. E tutti piccoli. Tra il primo e l'ultimo ci differenziano quattro anni. Siamo una piccola gamma.

Ricordo. M'arricordo.
Mi chiamo Sergio. Io sono Anna. Mi chiamo David. Io sono Ester. Mi chiamo Giuseppe. Io sono Sara. Mi chiamo Igor. Io sono Cecilia. Mi chiamo Giacobbe. Io sono Ciro.
Mi chiamo Simone. Io sono Maddalena. Mi chiamo Spartaco. Io sono Anastasia. Mi chiamo Giovanni. Io sono Isabella. Mi chiamo Sebastiano. Io sono Ipazia. Mi chiamo Alessandro. Io sono Maria. Ci seviziano. Ci fanno del male usando strumenti chirurgici per studiare come reagiamo. Ci offendono. Ci violentano a turno o insieme. Ci ammutoliscono nella polvere.

Ricordo. M'arricordo.
Ma i ricordi emergono non appena splende il sole o quando la notte scura cala nell'anima e nel corpo. Nonostante la lotta con l'oblio, nulla è assente. La goccia che cade dalla grondai. Il fruscio di una foglia. I passi sull'acciottolato. Il mare I nostri ricordi sono il dolore che come gobbe spuntano dentro e fuori di noi, ma che nessuno vuole vedere e toccare. Non ricordateci solo per ciò che siamo stati, ma per le vite che non abbiamo vissute e amate.

Ricordo. M'arricordo.
Il tempo del dolore che in voi sopravvissuti non passa mai. Quel tempo di allora e di oggi che ci tiene in pensieri di catene. E che non libera nemmeno noi. Qui, però, ognuno è noi tutti.

Anonimo ha detto...

purtroppo la storia non insegna mai...e gli orrori si ripetono
roberta

Anonimo ha detto...

SONO BRUNACCIO

Sei un grande Transit. 'Dimenticare è tradire' dovrebbe rimanere scritto come un epitaffio per le generazioni future.
Ora aggiorno.

Qua tre link che possono essere interessanti
http://www.infoaut.org/index.php/blog/storia-di-classe/item/1506-16-maggio-1944-la-rivolta-dei-gitani-ad-auschwitz

http://www.storiaxxisecolo.it/deportazione/deportazionecampi.htm

http://blog.vita.it/linvolontario/2013/01/25/quelle-vite-indegne-di-essere-vissute/