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Rom d'Italia, frammenti di un discorso impopolare
Trasversale, inconsapevole, supponente: il razzista verso i rom si professa sempre innocente. Un libro, gratuito e pubblicato solo on line, ci aiuta a capire questo fenomeno
Daniele Mezzana
Foto di Fiorella D'Amore
Cocci è un libro che parla del razzismo verso i rom. Quello che esplode dalla rabbia latente della gente comune, quello che trapela dalla sete di scoop di alcuni giornalisti, quello che le buone intenzioni di tanti politici non riescono a eliminare, perché è troppo radicato, troppo profondo per essere affrontato a chiacchiere. Fabrizio Casavola, l'autore, questa volta, non si sofferma sulle vittime, ma su chi le discrimina, o meglio sul "razzismo fatto in casa", in un libro pubblicato solo online e disponibile gratuitamente. Un testo breve (41 pagine), scritto con intelletto ed emozione, che produrrà sicuramente un forte impatto sui lettori.Casavola è uno che parla con cognizione di causa, perché da oltre quindici anni vive e opera insieme ai rom a Milano, in collegamento con associazioni e reti di rom in tutta Europa. Cura un portale, Mahalla, che è una miniera di informazioni e punti di vista critici sulla situazione delle comunità rom e sinti europee. Insomma, è uno che queste cose le vive e le sa capire. Ha già scritto altri volumi, ma in questo approfondisce in particolare la genesi del razzismo e la costruzione negativa dell'altro, anche a partire da fatti apparentemente minimi; ad esempio, le parole usate nel discorso comune ("abusivi", "tollerati" e così via): le parole qui pesano, misurano il grado di dignità attribuita alle persone che indicano, influenzano negativamente l'azione di una minoranza di esaltati e di una maggioranza che il più delle volte preferisce non sapere, non vedere, o comunque non risolvere i problemi. L'autore svolge questo suo approfondimento sulla base della propria personale esperienza e di un'analisi attenta e appassionata dei resoconti e degli strafalcioni dei media e degli intellettuali, in occasione di una serie di eventi-chiave che hanno coinvolto specificamente la comunità rom e gli abitanti di alcuni quartieri di città italiane come Torino, Milano, Vicenza, Roma, Pescara. Come rileva Casavola, l'ignoranza e la sostanziale incapacità, o non volontà, di capire la realtà dei rom sono un fenomeno trasversale rispetto alle varie ideologie e ai diversi approcci politici. Questa non è una sorpresa per i pochi che sul campo ci stanno quotidianamente, ma che si dica nero su bianco è importante e istruttivo: quel che conta sono le persone, gli attori e la loro volontà di fare.
L'autore di Cocci mette in risalto la gigantesca disinformazione rispetto alla condizione dei rom, e i meccanismi profondi, direi psicoanalitici, su larga scala, alla base di una discriminazione che si fa fatica a concepire, soprattutto dopo le sofferenze e le trasformazioni che il nostro continente ha vissuto nell'ultimo secolo, e che evidentemente non hanno insegnato abbastanza. Cocci si legge tutto d'un fiato, anche se non è un testo facile. Parlando in termini cinematografici, è un "corto" secco, duro, ellittico e a tratti poco digeribile. Personalmente non sono riuscito a recepire, o a cogliere, fino in fondo tutte le analisi, le proposte (o le invettive) di Casavola, e forse questo capiterà anche ad altri lettori. Ma leggere questo libro vale decisamente la pena, perché in poche, preziose, pagine si presentano informazioni e giudizi da cui difficilmente si può prescindere per conoscere la situazione dei rom nel nostro Paese, e per mettere sul tavolo qualche proposta seria d'intervento. Come quelle di "tavoli-consulta", proposti dall'autore, che vedano riunite, nelle varie città, tutte le parti in causa e tutti gli attori locali interessati, per parlare (finalmente) e discutere di soluzioni concrete. Gocce, forse, nell'oceano del pregiudizio, ma comunque passi avanti per produrre una trasformazione silenziosa, magari lenta, ma sperabilmente efficace.
Daniele Mezzana - Articolo pubblicato sul Corriere immigrazione
"L'emarginazione deriva anche da comportamenti acquisiti da culture antichissime. Gli zingari girano il mondo da più di duemila anni, se vogliamo credere a Erodoto. Questi Rom, questo popolo libero è affetto da dromomania, cioè desideriocontinuo di spostarsi. Non credo abbiano mai fatto del male a qualcuno, malgrado le strane dicerie; è vero che rubano - d'altra parte non possono rinunciare a quell'impulso primario presente nel DNA di ciascun essere umano: quello al saccheggio, di cui abbiamo avuto notizie in queste ultime amministrazioni - però non ho mai sentito dire che abbiano rubato tramite banca. Inoltre non ho mai visto una donna Rom battere un marciapiede. Girano senza portare armi; quindi se si doevesse dare un Nobel per la pace ad un popolo, quello Rom sarebbe il più indicato." (De Andrè).
Rom d'Italia, frammenti di un discorso impopolare
Trasversale, inconsapevole, supponente: il razzista verso i rom si professa sempre innocente. Un libro, gratuito e pubblicato solo on line, ci aiuta a capire questo fenomeno
Daniele Mezzana

Cocci è un libro che parla del razzismo verso i rom. Quello che esplode dalla rabbia latente della gente comune, quello che trapela dalla sete di scoop di alcuni giornalisti, quello che le buone intenzioni di tanti politici non riescono a eliminare, perché è troppo radicato, troppo profondo per essere affrontato a chiacchiere. Fabrizio Casavola, l'autore, questa volta, non si sofferma sulle vittime, ma su chi le discrimina, o meglio sul "razzismo fatto in casa", in un libro pubblicato solo online e disponibile gratuitamente. Un testo breve (41 pagine), scritto con intelletto ed emozione, che produrrà sicuramente un forte impatto sui lettori.Casavola è uno che parla con cognizione di causa, perché da oltre quindici anni vive e opera insieme ai rom a Milano, in collegamento con associazioni e reti di rom in tutta Europa. Cura un portale, Mahalla, che è una miniera di informazioni e punti di vista critici sulla situazione delle comunità rom e sinti europee. Insomma, è uno che queste cose le vive e le sa capire. Ha già scritto altri volumi, ma in questo approfondisce in particolare la genesi del razzismo e la costruzione negativa dell'altro, anche a partire da fatti apparentemente minimi; ad esempio, le parole usate nel discorso comune ("abusivi", "tollerati" e così via): le parole qui pesano, misurano il grado di dignità attribuita alle persone che indicano, influenzano negativamente l'azione di una minoranza di esaltati e di una maggioranza che il più delle volte preferisce non sapere, non vedere, o comunque non risolvere i problemi. L'autore svolge questo suo approfondimento sulla base della propria personale esperienza e di un'analisi attenta e appassionata dei resoconti e degli strafalcioni dei media e degli intellettuali, in occasione di una serie di eventi-chiave che hanno coinvolto specificamente la comunità rom e gli abitanti di alcuni quartieri di città italiane come Torino, Milano, Vicenza, Roma, Pescara. Come rileva Casavola, l'ignoranza e la sostanziale incapacità, o non volontà, di capire la realtà dei rom sono un fenomeno trasversale rispetto alle varie ideologie e ai diversi approcci politici. Questa non è una sorpresa per i pochi che sul campo ci stanno quotidianamente, ma che si dica nero su bianco è importante e istruttivo: quel che conta sono le persone, gli attori e la loro volontà di fare.
L'autore di Cocci mette in risalto la gigantesca disinformazione rispetto alla condizione dei rom, e i meccanismi profondi, direi psicoanalitici, su larga scala, alla base di una discriminazione che si fa fatica a concepire, soprattutto dopo le sofferenze e le trasformazioni che il nostro continente ha vissuto nell'ultimo secolo, e che evidentemente non hanno insegnato abbastanza. Cocci si legge tutto d'un fiato, anche se non è un testo facile. Parlando in termini cinematografici, è un "corto" secco, duro, ellittico e a tratti poco digeribile. Personalmente non sono riuscito a recepire, o a cogliere, fino in fondo tutte le analisi, le proposte (o le invettive) di Casavola, e forse questo capiterà anche ad altri lettori. Ma leggere questo libro vale decisamente la pena, perché in poche, preziose, pagine si presentano informazioni e giudizi da cui difficilmente si può prescindere per conoscere la situazione dei rom nel nostro Paese, e per mettere sul tavolo qualche proposta seria d'intervento. Come quelle di "tavoli-consulta", proposti dall'autore, che vedano riunite, nelle varie città, tutte le parti in causa e tutti gli attori locali interessati, per parlare (finalmente) e discutere di soluzioni concrete. Gocce, forse, nell'oceano del pregiudizio, ma comunque passi avanti per produrre una trasformazione silenziosa, magari lenta, ma sperabilmente efficace.
Daniele Mezzana - Articolo pubblicato sul Corriere immigrazione
"L'emarginazione deriva anche da comportamenti acquisiti da culture antichissime. Gli zingari girano il mondo da più di duemila anni, se vogliamo credere a Erodoto. Questi Rom, questo popolo libero è affetto da dromomania, cioè desideriocontinuo di spostarsi. Non credo abbiano mai fatto del male a qualcuno, malgrado le strane dicerie; è vero che rubano - d'altra parte non possono rinunciare a quell'impulso primario presente nel DNA di ciascun essere umano: quello al saccheggio, di cui abbiamo avuto notizie in queste ultime amministrazioni - però non ho mai sentito dire che abbiano rubato tramite banca. Inoltre non ho mai visto una donna Rom battere un marciapiede. Girano senza portare armi; quindi se si doevesse dare un Nobel per la pace ad un popolo, quello Rom sarebbe il più indicato." (De Andrè).
4 commenti:
SONO BRUNACCIO
Ho iniziato a leggere il libro, e, come giustissimo, parte dal pogrom di Torino, temporalmente vicinissimo alla strage fascista di Gianluca Casseri.
Mentre la morte di Samb e Diop è stata evidenziata bene e a lungo, il pogrom è passato in secondo piano, quando è invece assai inquietante perchè ricalca il tipico modus operandi del razzismo verso i neri in America, delle persecuzioni antisemite in Europa e di tanti altri episodi (il genocidio inglese in Tasmania ad esempio): ovvero partire da una diceria, ovvero da un fatto neppure appurato (nel caso di Torino e in altri totalmente falso) per massacrare un popolo.
Suggerisco il film The Tracker sugli aborigeni australiani che fa vedere questo modus in un contesto diverso; bellissimo film peraltro.
Credo che questo libro sia utile, per inquadrare la realtà problematica degli zingari -uno dei pochi popoli, se non l'unico popolo, che non ha mai compiuto atti imperialisti, l'unico popolo che non vuole uno Stato ma che è transnazionale in quanto seminomade, e che ha subito in maniera allucinante il passaggio dalla società rurale, base di una certa integrazione attraverso artigianato e spettacolo di giostre e circhi, a quella industriale, dove spesso i più dediti alla piccola delinquenza sono gente espulsa e malvista dalle comunità gitane più classiche, che hanno anche un simbolico re, e si tratta di problemi di vero e proprio disagio sociale mai approfonditamente discusso- rispetto alle tante altre dicerie o approssimazioni.
Qua ne direi io due.
1) Pensare che gli zingari -nelle loro differenze interne uso questo termine generale perchè più semplice- siano extracomunitari, mentre spesso sono cittadini italiani, per cui, in ogni caso, il problema è differente da quello dell'immigrazione
2) Gli zingari sfruttano i bambini. Spesso, nel caso dei reietti di cui si diceva sopra, è vero e ciò va fermato; ma l'ipocrisia della stampa che poi non dice niente sull'allucinante sfruttamento minorile del Capitale nel quarto mondo (fino alle miniere a cielo aperto) suon quantomeno ipocrita, un po' come le indignazioni davanti ai 'perfidi' dittatori nemici dell'ordine neoliberista.
E visto che si avvicina il Giorno della Memoria (di cui come sempre il blog tratterà) e visto che gli zingari hanno pagato un tributo enorme al genocidio nazista, abbiamo una ragione in più per dare un occhio al testo, breve e agile.
SEMPRE BRUNACCIO
L'unico popolo, chiaramente intendo in senso europeo. Fuori dell'Europa ci sono molti popoli che non hanno mai compiuto atti aggressivi al loro esterno e che non si sono mai sentiti riconosciuto in uno Stato-Nazione, concetto nato generalmente con l'ascesa della borghesia la quale necessitava di una forma-Stato capace di garantire legalmente i rapporti sociali postfeudali e postcurtensi (l'Italia in questo senso, come abbiamo detto spesso, ha una storia particolare, fondante per le tante cosidette anomalie di cui molti dicono).
http://www.youtube.com/watch?v=1S-oX4JvyeM
"Dicono che gli zingari puzzano, dicono che gli zingari rubano....non hanno voluto uno Stato e non hanno un'esercito, ed io per questo li amo profondamente...."
"L'emarginazione deriva anche da comportamenti acquisiti da culture antichissime. Gli zingari girano il mondo da più di duemila anni, se vogliamo credere a Erodoto. Questi Rom, questo popolo libero è affetto da dromomania, cioè desiderio continuo di spostarsi. Non credo abbiano mai fatto del male a qualcuno, malgrado le strane dicerie; è vero che rubano - d'altra parte non possono rinunciare a quell'impulso primario presente nel DNA di ciascun essere umano: quello al saccheggio, di cui abbiamo avuto notizie in queste ultime amministrazioni - però non ho mai sentito dire che abbiano rubato tramite banca. Inoltre non ho mai visto una donna Rom battere un marciapiede. Girano senza portare armi; quindi se si doevesse dare un Nobel per la pace ad un popolo, quello Rom sarebbe il più indicato."
Fabrizio De Andrè
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