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martedì 21 gennaio 2014

FERMIAMO GLI EPA. UN APPELLO.

Un appello scritto da Alex Zanotelli, che ci spiega in breve molti problemi dell'Africa meglio di quanto lo facciano tanti altri, e che ci fa capire quanto l'Europa sia lontana da quell'Europa dei diritti e della civiltà rispetto a quel che ci raccontano.
da http://www.nigrizia.it/notizia/fermiamo-gli-epa/notizie

Difendiamo il futuro dei popoli africani dagli accordi economici che l'Europa vuole imporre. Appello rivolto alle associazioni, alle reti sociali, agli istituti missionari e a tutte le donne e gli uomini di buona volontà.
L’Unione Europea, anche a motivo della crisi economica, persegue una politica sempre più aggressiva per forzare i paesi ACP (Africa, Caraibi, Pacifico) a firmare gli EPA (Economic Partnership Agreements - Accordi di partenariato economico). Una trattativa questa durata quasi dieci anni; la Ue esige che entro il 1° ottobre 2014 gli accordi siano siglati (questo è il primo passo che precede la vera e propria firma che può avvenire anche a diversi mesi di distanza dopo la soluzione di tutti gli aspetti legali).
Le relazioni commerciali tra la Ue e i paesi ACP sono state regolate dalla Convenzione di Lomé (1975-2000) e poi di Cotonou (2000-2020) con la clausola che i prodotti ACP - prevalentemente materie prime - potessero essere esportati nei mercati europei senza essere tassati. Questo però non valeva per i prodotti europei esportati nei paesi ACP, che dovevano invece sottostare a un regime fiscale di tipo protezionistico.
Ora, la Ue chiede ai paesi ACP di eliminare le barriere protezionistiche in nome del libero scambio perché così richiede il WTO (l’Organizzazione Mondiale del Commercio) che persegue la politica di totale liberalizzazione del mercato. Con gli EPA, infatti, le nazioni africane saranno costrette a togliere sia i dazi che le tariffe oltre ad aprire i loro mercati alla concorrenza. La conseguenza sarà drammatica per i paesi ACP: l’agricoltura europea (sorretta da 50 miliardi di euro all’anno) potrà svendere i propri prodotti sui mercati dei paesi impoveriti. I contadini africani, infatti, (l’Africa è un continente al 70% agricolo) non potranno competere con i prezzi degli agricoltori europei che potranno svendere i loro prodotti sussidiati. E l’Africa sarà ancora più strangolata e affamata in un momento in cui l’Africa pagherà pesantemente i cambiamenti climatici.
La Ue vuole concludere in fretta questo negoziato vista l’importanza strategica dell’accordo soprattutto per il rincaro delle materie prime che fanno molta gola alle potenze emergenti (i BRICS ), in particolare Cina, India e Brasile già così presenti in Africa.
Per di più gli EPA aprirebbero nuovi mercati per i prodotti europei, ma anche nuovi spazi per investimenti e servizi.
Il tentativo dell’Unione Europea di siglare gli EPA con i 6 organismi regionali coinvolti - Comunità dei Caraibi (Cariforum), Africa Centrale (CEMAC), Comunità dell’Africa Orientale (EAC) e Corno d’Africa, Africa Occidentale (ECOWAS), Comunità di sviluppo dell’Africa Australe (SADC) e infine i paesi del Pacifico – sta conoscendo significativi ostacoli. Al momento, la Ue ha firmato un accordo definitivo solo con i quindici stati dei Caraibi. Le altre aree si sono rifiutate di firmare in blocco e la Ue ha perseguito la politica di firmare EPA provvisori con i singoli paesi: 21 hanno finora siglato gli accordi anche se pochi hanno firmato, dando un chiaro segnale della inaccettabilità degli accordi e della fallibilità diplomatica dell’Ue su questo fronte, e che sin dalla Conferenza di Lisbona (2007) si doveva presagire. In questo clima il Coordinamento per i Negoziati EPA, promosso dall’Unione Africana (UA), ha invitato tutti a non firmare per ora gli accordi EPA, ma di aspettare dopo il vertice Africa-Ue che si terrà il prossimo aprile.
Noi, donne e uomini impegnati nella lotta per il rispetto dei diritti umani, missionari e laici, riteniamo che gli EPA siano profondamente ingiusti per queste ragioni:
- in un’Africa già così debilitata, questi accordi costituirebbero un colpo mortale per l’agricoltura africana, in particolare per l’industria della trasformazione e della lavorazione dei prodotti agricoli, che può e deve arrivare a sfamare la propria gente;
- l’eliminazione dei dazi doganali nei paesi ACP, che costituiscono una bella fetta del bilancio statale, metterebbero in crisi gli stati ACP;
- gli accordi fatti dalla Ue con i singoli stati d’Africa hanno la conseguenza di spaccare le unità economiche regionali essenziali per una seria crescita dell’Africa;
- non è vero che sia il WTO a esigere gli EPA, che sono invece frutto delle spinte neoliberiste di Bruxelles;
- la Ue deve rendersi conto che l’Africa sta guardando ai BRICS , in particolare a Cina, Brasile e India come partner più allettanti che l’Europa.
Noi guardiamo anche con grande preoccupazione ai negoziati di libero scambio(DCTFA) con tre importanti paesi del Nordafrica: Egitto, Tunisia e Marocco, ai quali bisogna aggiungere la Giordania. La Ue vorrebbe negoziare la liberalizzazione dei settori agricoli, manifatturieri, ittici nonché l’apertura dei mercati pubblici alle compagnie europee. A nostro parere questo costituirebbe una minaccia diretta alle aspirazioni sociali e democratiche promosse dalle ‘primavere arabe’. Questi accordi rinchiuderebbero le economie di questi paesi in un modello di crescita rivolta all’esportazione e aprirebbero i mercati di quei paesi alle multinazionali europee.
L’Europa non può permettersi un negoziato del genere dopo il fallimento del Processo di Barcellona, firmato il 28 novembre 1995, con 15 paesi del Mediterraneo che voleva instaurare un’area di libero scambio nel Mare nostrum.
Siamo alla vigilia delle elezioni europee. Noi chiediamo che questi negoziati sia con i paesi ACP sia con i paesi del Mediterraneo diventino soggetto di dibattito pubblico. Non è concepibile che una potenza economica come la Ue non abbia una seria politica estera verso i paesi più impoveriti, verso soprattutto il continente a noi più vicino:l’Africa.
Ci appelliamo a tutti quei gruppi, associazioni, reti, istituti missionari che hanno già lavorato sugli EPA a riprendere a martellare i nostri deputati a Bruxelles.
Non possiamo non ascoltare l’immenso grido dei poveri. E’ in ballo la vita di milioni di persone, ma anche il futuro della Ue.

padre Alex Zanotelli - missionario comboniano
Vittorio Agnoletto - medico, network internazionale Flare
Maurizio Ambrosini - professore universitario Scienze Politiche Milano
Sylvie Coyaud - giornalista Il Sole-24Ore/Oggi Scienza
Angelo Del Boca - storico
Padre Benito De Marchi – Londra -GERT
Nicoletta Dentico - presidente OISG, Osservatorio Italiano Salute Globale
Padre Martin Devenish - Gran Bretagna - GERT:Gruppo Europeo di Riflessione Teologica
prof. Carmelo Dotolo - Roma- GERT
Cristiana Fiamingo - africanista docente di Storia e Istituzioni dei Paesi Afro-Asiatici
Raffaele Masto - scrittore e giornalista di Radio Popolare. Autore del Blog: "Buongiornoafrica.it"
Nora Mc Kean - associazione Terranuova
Silvestro Montanaro - giornalista e scrittore
Antonio Onorati - Centro Internazionale Crocevia
Moni Ovadia - scrittore, attore, regista
Pietro Raitano - direttore Altreconomia
padre Efrem Tresoldi - direttore della rivista Nigrizia
Antonio Tricarico - presidente Re Common
padre Joaquim Valente da Cruz - Portogallo -GERT
padre Fernando Zolli - Commissione Giustizia e Pace degli Istituti Missionari in Italia
Alberto Zoratti e Monica Di Sisto - Fairwatch
padre Franz Weber - Austria - GERT

7 commenti:

precari united ha detto...

RIPORTO UN DIBATTITO DA FACEBOOK

Alcuni paesi Africani(fascia Guineana,Angola,Mozambico,Gabon,Nigeria,Camerun)hanno dei pil galoppanti come quelli di Brics e Mist(ah!dimenticavo il Burkina Faso,nonostante quella merda di Compaorè,Cinesi e Indiani che ne hanno monopolizzato l'economia stanno facendo in quel paese quello che Occidentali e Sovietici mai hanno fatto:infrastrutture,scuole etc.)Purtroppo il reddito pro-capite non viaggia di pari passo.

Roberto

precari united ha detto...

Anche l'Etiopia di Zenawi ha avuto il Pil galoppante ma non il reddito pro capite. Tuttavia in una società in espansione economica l'aumento del Pil può essere un discreto indicatore (se aumenta la ricchezza lorda, un domani è sempre possibile distribuirla meglio se ci fossero governi ben fatti); altro è se si parla, riprendendo ieri, di società in cui c'è stato un calo e in cui la (più che altro millantata) ripresa del PIL passa per l'abbattimento del lavoro e del welfare. E probabilmente per l'Africa oggi è più sanguisuga l'UE di altri capitalismi esteri (comunque sempre invasivi e mai benefattori, sia chiaro), anzi visto che dietro c'è il Fmi (che fondamentalmente si regge sulla scuola di Chicago, che sta applicando anche in Europa), fossi africano mi ricorderei molto bene della vecchia storia del debito, che là da loro è esplosa molto prima.

Brunaccio

precari united ha detto...

.Putroppo per crescita economica si intende sempre in senso Chicago(Friedman)o Scuola Austriaca(Von Mises,Rothbard)ovvero il pil aumenta a furia di deregulation e borsa che paradossalmente anzichè creare libera concorrenza creano oligopoli continui,purtroppo il pnl non avanza poichè tali formule economiche non mirano a creare un sana classe media,la quale può fare da evntuale ascensore sociale per i poveri,nonchè può far crescere investimenti e consumi.L'Africa attraversa il medesimo problema di America Latina e del Sud Est Asiatico(le risorse sono nelle mani di Cinesi e Indiani i quali hanno sostituito Occidentali e Sovietici)finchè non decideranno da soli cosa vendere e a quali prezzi non usciranno mai dall'impasse Bruno.(naturalmente ciò vupl dire che in caso di elezioni politiche noi UE,USA,Cina,India,Russia dovremmo farci gli affari nostri)

Roberto

precari united ha detto...

In teoria sarei d'accordo con te: chi non vorrebbe una federazione di stati africani che gestiscano le risorse e producendo una solida classe media e un welfare? E' l'ideale panafricanista che anche a me, comunista, va bene visto che, al netto delle proprie opinioni, è un'evidenza che dalla miseria iniziale non potrà mai sorgere un socialismo giusto, ovviamente pensandolo in prospettiva futura. Il dubbio è che in tempi così accelerati e finanziarizzati non so se sia possibile uno sviluppo classico industriale, con l'emergere di una classe media interna, visto che il mercato è saturo e in mano agli oligopoli (e infatti ritengo improprio il termine neoliberismo per questo capitalismo oligopolista finanziarizzato, proprio perchè come dici tu quel che manca è proprio il libero mercato) mentre la formazione di una borghesia nazionale forte ha bisogno dei tempi necessari per un'accumulazione primitiva che non sia essa stessa ferocissima verso le classi subalterne. D'altronde pensare di lasciar sviluppare la produzioni a capitali esteri in un regime di iperproduzione e iperconsumo ha un impatto sull'ambiente -che vuol dire materie prime e risorse- a dir poco devastante, e questo indipendentemente da chi sia il padrone (occidentali o brics) giacchè da chiunque sia condotta la produzione è al regime di consumo occidentale e soprattutto USA, ovvero decisamente esasperato (oltre che mal distribuito). Proprio perchè il quadro è così desolante, reputo che per quanto quasi zero la costruzione di infrastrutture e sistemi moderni, che il capitale occidentale mai ha condotto, sia comunque un po' meglio del nulla.

Brunaccio

precari united ha detto...

Bruno non ho parlato di panafricanismo(sebbene ritengo la dichiarazione di Arusha(la pietra miliare dell'afrosocialismo)più adatta alla specificità Africana di tanti altri sistemi:capitalismo.comunismo,teocrazia,dittatura militare etc.).Dico solo che quei paesi avanzeranno solo quando potranno decidere da soli in toto e su tutto.Purtroppo dato che sono fin troppo pragmatico questo è uno scenario che non accadrà mai(vuoi per la scarsa o nulla preparazione delle classi politiche e del popolo,vuoi per l'ingordigia di Occidentali e Brics:l'Africa è un boccone troppo ghiotto in termini economici e di capitale umano figuriamoci se la lasceranno andare per conto proprio)

Roberto

precari united ha detto...

Grande Robi: sei uno dei primi che sento che conosce la dichiarazione di Arusha. So che non hai parlato esplicitamente di panafricanismo, ma nei concetti che hai espresso risuonava forte e vigoroso il grande ideale dei suoi padri, e così mi è venuto il collegamento.

Brunaccio

GeorginA ha detto...


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