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domenica 19 gennaio 2014

SUNDAY MAGAZINE


                               


Le strade
 Quello che sono e sono stato
domandatelo alle strade
dei paesi della sete.
Tufi lucertole spine,
bell'uva sulle colline
dove fui ladro di galline.
Strade di cenere e pomice
lavorate dallo scorpione.
Dove ramingo io vissi
la cicala ancora muore.
Quello che sono e sono stato
domandatelo alle strade.
Una dice, scatenato!
E mostra le ferite
che fuggendo ho lasciato.
Dalle braccia di mia madre
dalle mani dell'amata
sempre fuggiasco sono stato.
Da me solo inseguito
braccato, colpito.
 
Re per un giorno
per cent'anni povero.
Soldato bracciante gabelliere:
su ogni nuova strada
nuovo mestiere.
Domandate ai sentieri della neve
alle doline alle cordigliere
quello che sono e sono stato.
Domandatelo alle strade.
 
Alla malora carte
cartigli e scartoffie
che potevano darmi gloria.
La vita ho consumato
su carta e inchiostro.
Mio Dio quanto ho limato
notte e giorno.
Mio Dio quanto ho penato.

(Raffaele Carrieri)

In mezzo alle strade, rasenti i muri incrocio e conosco tutti i cani del mondo.

Annusano, pisciano, trotterellano e via con lo spirito di chi ha tutta la vita davanti.

Hanno un loro modo di sorridere e quando piangono vanno nel cimitero degli elefanti.

Anch'io ho un cane e non mi stanco mai, insieme a lui, di incontrare gli altri cani.

Io credo che non si può giudicare un cane solo perché abbaia invece di parlare.

Ne ho conosciuti di cani che sapevano parlare benissimo, ma li hanno ammazzati.

Davano fastidio a quegli altri cani, quelli acculturati che fanno le leggi e menano le danze.

Ed è per questo che i cani si son tagliati la gola: la prole almeno non è a rischio di sterminio.
La strada, senza più liane, alberi altissimi, l'intrico della boscaglia e il sottobosco, resta ed è l'infanzia del mondo. Nelle stanze dei palazzi e delle ville dalle pareti adorne di tende e quadri simbolici e pezzi di carne in bella mostra, allo schioccar di dita e strizzate d'occhi, l'altra faccia
(Transit)

3 commenti:

Transit ha detto...

In mezzo alle strade, rasenti i muri incrocio e conosco tutti i cani del mondo.

Annusano, pisciano, trotterellano e via con lo spirito di chi ha tutta la vita davanti.

Hanno un loro modo di sorridere e quando piangono vanno nel cimitero degli elefanti.

Anch'io ho un cane e non mi stanco mai, insieme a lui, di incontrare gli altri cani.

Io credo che non si può giudicare un cane solo perché abbaia invece di parlare.

Ne ho conosciuti di cani che sapevano parlare benissimo, ma li hanno ammazzati.

Davano fastidio a quegli altri cani, quelli acculturati che fanno le leggi e menano le danze.

Ed è per questo che i cani si son tagliati la gola: la prole almeno non è a rischio di sterminio.

Transit ha detto...

La strada, senza più liane, alberi altissimi, l'intrico della boscaglia e il sottobosco, resta ed è l'infanzia del mondo. Nelle stanze dei palazzi e delle ville dalle pareti adorne di tende e quadri simbolici e pezzi di carne in bella mostra, allo schioccar di dita e strizzate d'occhi, l'altra faccia.

Anonimo ha detto...

SONO BRUNACCIO

Grande, grandissimo Transit: sarà che ho un debole per i cani, ma è una metafora (esopica) azzeccatissima, così come è davvero sul pezzo la tua ripresa in prosa del concetto della strada.
Domani, in caso ci fossero in serata nuovi contributi, aggiornerò.