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lunedì 14 aprile 2014

ESPERIMENTI DI UNA PIAZZA. OPINIONI SUI FATTI DEL 12 APRILE.

Chi è in grado di distinguere quando è il momento di dare battaglia, e quando non lo è, riuscirà vittorioso.
(Sun Tzu)
E' difficile poter valutare uno scontro di piazza quando non si comprendono le intere dinamiche, e così, potendo testimoniare bene coi miei occhi quel che è avvenuto solo dal punto della terza carica al corteo, quella più profonda e dura, mi sono rivisto i filmati e letto vari comunicati di area.
Vorrei trarre due dati, l' uno di valutazione oggettiva della situazione, l'altro di valutazione soggettiva delle forze militanti in campo.
E' agli occhi di tutti che esiste un inasprimento della repressione senza precedenti, inasprimento dovuto al fatto di mantenere con il pugno di ferro la rapina sociale dei governi del Capitale finanziario, come sono stati quelli da Monti a Renzi, che porta alla disperazione e al senso di impotenza di tante persone ridotte in povertà.Questo inasprimento della repressione oggi si palesa in buona parte nel Piano Casa e con le condizioni di ricatto umano che pone in essere, si palesa con la criminalizzazione dei movimenti per la casa e delle lotte dei precari napoletani, e culmina con tutta la paura sociale che paralizza l'esistenza, e spesso la vita stessa in senso fisico, di più generazioni disoccupate o precarie, visto che l'incertezza di un salario o la sua totale assenza arriva a toccare anche persone sui sessanta, ovvero nel periodo che giustizia vorrebbe fosse la fine del ciclo lavorativo di una persona.
Questo inasprimento si vede anche e subito dai teoremi mediatici su questo blocco blu, quando è evidente, agli occhi di chi non sia un ragazzino o non sia in malafede, che quel colore doveva servire ai manifestanti organizzati per riconoscere la medesima provenienza quando si tentava di proteggere le persone le une con le altre, mentre, come si vede peraltro bene dai video degli stessi giornali che producono fantasiosi teoremi, nel momento dell'attacco maglie ed indumenti avevano diverse e molteplici fogge e colorazioni. Ci sarebbe da ridere se questa malafede prezzolata, ormai incapace però di fare presa sulla gente (in gran parte troppo disperata per abboccare alla retorica della legalità versus violenza) spesso non fosse foriera di terribili repressioni poliziesche e giudiziarie.
Certamente -e l'ho visto coi miei occhi oltre che nei video- bastonare e massacrare persone a caso, spesso già per terra, è qualcosa di totalmente aberrante, che i reparti mobili compiono con arroganza e senza vergogna, certi di una sostanziale impunità, in quanto bene imbeccati dai governi stessi; ma che getta l'ennesima dimostrazione di infamia su chi, invece di difendere i cittadini, li massacra e difende i padroni. Lo ripeto, qualsiasi sia stato il portato dell'attacco iniziale, è tanto impensabile, quanto reale, che la polizia si accanisca su chiunque trovi sul suo sentiero ad avanguardia offensiva ormai respinta, addirittura massacrando a terra persone inermi e probabilmente estranee al tutto.
Soggettivamente, io comprendo benissimo lo scontro di piazza ove esso possa dare dimostrazione di potenza e aprire spazi al movimento antagonista, e ciò oggi è eticamente giusto più che mai, vista la reale impossibilità che i governi dell'UE forniscono ad un'incidenza di proteste democratiche e pacifiche.
Ma, appunto, lo scontro di piazza deve offrire un'immagine di potenza, e saper essere calibrato e gestito in modo da rischiare l'incolumità di meno compagni possibile e a fronte della possibilità concreta di respingere la carica di polizia o, in subordine, di potersi ritirare in maniera precisa e ordinata, evitando le calche, in cui le persone si trovano a terra e che permettono la mattanza che vediamo, e in cui spesso chi è a terra era anche estraneo all'avanguardia dello scontro e si è trovato travolto da ritirate precipitose.
Io credo che questo modo un po' garibaldino di affrontare lo scontro, a fronte di un'organizzazione sempre più meticolosa dei reparti mobili, insieme ad un loro livello di violenza semi-marziale, vada superato, e che lo scontro di piazza debba coinvolgere (ove vi sia la necessità e la possibilità di accenderlo per acquisire potenza e mai coma dogma di ricomposizione sociale, che teoricamente è posizione ridicola), un intero corteo, e non un'avanguardia senza gestione corretta ed organizzata delle retrovie.
La giornata di ieri è stata una sorta di prima esperienza di auto organizzazione della pratica radicale, ma un corteo che si fa caricare e fa caricare anche i suoi manifestanti pacifici dimostra di essere ancora ben lontano dal rappresentare una sintesi di un blocco sociale che sia antagonista rispetto a quello dominante.
C'è dunque per i compagni tutto un lavoro, in alcuni casi già ben avviato, da portare avanti sui territori, perchè sempre più persone capiscano quello che sta succedendo ben coscienti che la repressione del manganello è il braccio delle repressione sociale ed economica e facendo in modo che il processo di costruzione dal basso possa arrivare sino in alto.
Ovvero, se mai si dovrà di nuovo tornare in piazza con pratiche radicali, esse dovranno essere sempre più condivise come obiettivo e percorso da tutto il corteo, non solo dalle avanguardie e da chi generosamente si trova costretto ad improvvisare cordoni di protezione di tutto il retro del corteo, senza averne le capacità fisiche e militari, come si vede nei video fare ai ragazzi colorati in blu, colore che peraltro a me piace perchè poi mi ricorda anche un po' il movimento per l'acqua ed i beni comuni.
Ogni scorciatoia fondata semplicemente sulla retorica dell'inasprimento della durezza dello scontro è perdente, perchè la produzione di forza non è mai il prodotto di un'occasione, ma al contrario è una sedimentazione che sa esprimersi, nelle forme diverse ed opportune che l'ingegno collettivo sa elaborare a seconda dei vari contesti, in ogni occasione in cui sia possibile entrare nelle contraddizioni della catena di comando capitalista che oggi sta tentando di distruggere ogni forma di bene comune e di mediazione politica e sociale.

8 commenti:

salvatore ha detto...

Hai colto uno dei punti. La piena consapevolezza del movimento su alcuni temi del corteo ( UE e Jobs Act) non c'era quindi era inutile forzare la mano. Questo ha provocato una frattura fra una avanguardia e il grosso del corteo. Se si vuole prendere atto che non bastano un numero sporadico di iniziative per far passare analisi grosse nel corpo sociale, andremo avanti, altrimenti ci saranno sempre più inutili scontri.

precari united ha detto...

Io penso che ciò che sia mancato non sia tanto la sintesi analitica completa e piena, che, come ogni elaborazione teorica, cresce e sedimenta attraverso le pratiche, quanto che ciò che manchi ancora sia la piena consapevolezza della fine della democrazia affluente e rappresentativa come l'abbiamo conosciuta nel novecento (che poi sia stata una chimera temporanea per placare le lotte, imborghesire la classe operaia e dunque vanificare le tendenze verso il socialismo è discorso per me reale, ma che in questo momento non interessa) e dunque della capacità di incidere attraverso le forme consentite dallo schema 'democraticista'.
Esiste ancora quella retorica tutta borghese per cui la protesta va bene finchè è testimoniale, ovvero sostanzialmente inutile, retorica che purtroppo ha permeato tutte le classi sociali, anche quelle naturalmente antagonista, come le lenti deformanti dell'ideologia borghese da cui liberarsi di cui già ci diceva Gramsci.

precari united ha detto...

Preciso meglio il discorso.
Certamente occorre bene distinguere tra il simbolico e il reale, come dice bene Bascetta sul Manifesto, ma perchè un corteo protegga se stesso dalla carica, è necessario che come precondizione ci sia una comprensione di come lo Stato sia benissimo capace di tralasciare la democrazia quando carica in piazza.
Ovviamente dovrà esistere ad un certo un'avanguardia teorica che riesce ad egemonizzare la piazza, ma questo è ciò che intendo doversi sedimentare, mentre in questo momento è comunque necessaria la coalizione sociale e alcuni punti di compromesso tra le diverse analisi, altrimenti si farebbe l'errore speculare di chi crede che basti inasprire vieppù lo scontro per acquisire potenza.

salvatore ha detto...

Focalizzi il centro della questione, anche se i nostri interventi sono complementari. Se qualcuno teorizza il "dentro e contro" pur sapendo che il Parlamento europeo non ha alcun valore, come può scendere in piazza in una giornata come il 12? Questi punti vanno chiariti ANCHE teoricamente, perché altrimenti nella pratica saranno solo le mazzate a farcelo capire. A meno che nella pratica ci si attesti su questioni secondarie dove la repressione è di entità minima.
Per questo vorrei che i compagni parlassero di più di quale percorso vogliono fare, di dove vogliono assestarsi, di quale lotta ritengono prioritaria.

precari united ha detto...

Io penso una sfumatura differente da te su questo. Anche io penso che l'UE sia irriformabile, ma penso che in una coalizione sociale per ora possano convivere diverse analisi, nel senso che anche chi crede nella sua riformabilità accetta lo scontro, portandolo magari più sui concreti processi territoriali che l'UE sta generando, e dunque saranno i conflitti e il loro andamento a generare il punto di rottura. Ai convinti riformisti dell'UE fa pendant l'urgenza di uscire subito dalla stessa, mentre saranno i conflitti portati dentro a determinare come, dove e quando avverrà questa rottura e quale sarà l'analisi teorica più compiuta.
Io continuo a pensare che la mancata conflittualità della quasi totalità del corteo non derivi dal problema dell'analisi sull'UE ma dalla falsa ed illusoria speranza che ancora si possa riformare qualcosa attraverso cortei dimostrativi, e che ha spinto la gran parte del corteo a non unirsi allo spezzone che si è sganciato, spezzone di avanguardia (o meglio di tentativo non riuscito di avanguardia, visto l'isolamento che il resto del corteo ha operato) in cui non credo fossero tutti aderenti alla teoria dell'immediata uscita dall'UE.
Noi sappiamo che è proprio la natura dell'accelerazione capitalista del polo imperialista europeo ad aver distrutto questa mediazione, ma il primo passo da fare è che la gente capisca che il conflitto deve essere qualcosa che va oltre la dimostrazione. Fatto questo primo passo, arriverà il momento dello scontro tra le varie analisi, perchè poi nei fatti non sono queste le determinanti che portano a scegliere di radicalizzare o meno il corteo, e se alcuni in giro scrivono il contrario, probabilmente stanno un po' raccontando la giornata a modo loro, anche sentendo e confrontando le tante testimonianze di tanti compagni che ho sentito in questi giorni e che confermano il mio sentore.
Poi, finite le elezioni europee, anche l'idea un po' speranzosa sulla possibilità di cambiare qualcosa svanirà un po' da sè, per cui non mi farei nemmeno troppi problemi in merito.

precari united ha detto...

E ovviamente anche la mia è un'impressione, essendo per ovvi motivi impossibile capire chi personalmente è stato o no nelle situazioni, essendo la situazione totalmente caotica, ma l'impressione che da questi giorni di discussioni e lettura mi risulta è quella appena espressa.
Al di là di tutto, è il peggioramento delle condizioni materiali che rende le persone disponibili al conflitto, il problema è come il conflitto lo fanno, e secondo me il pericolo più grosso possono essere in prospettiva le destre, mentre le aree di movimento, al di là della differenza netta di fondo su concezioni come la teoria del valore e l'imperialismo (che poi si declinano nei modi e oggi è il discorso sull'UE) siano anche le più conflittuali. Anche qua, però, il problema non viene da chi legge l'UE (o meglio, l'imperialismo e la sua attualità storica) e da come lo legge, ma da chi pensa che inasprire il conflitto sia sempre ricompositivo anche ove non ci siano i rapporti di forza per uscirne potenti, e anche qui è errore teorico legare queste forme all'analisi sull'UE, o almeno così mi sembra a naso.
Che poi ci sarà un momento in cui l'analisi complessiva sui temi dell'economia dovrà darsi lo penso pure io, ma secondo me oggi non è questo il più e immediato nodo della contraddizione da dirimere.

salvatore ha detto...

Le condizioni materiali sono peggiorate ma non è detto che queste si sfoghino o si sfoghino dalla nostra parte. Quando parlo di analisi non lo faccio per purezza ideologica ma perché da lì si può partire per vedere se questa materialità è presente o no, se insomma si vuole andare avanti a cortei, concerti, manifestazioni antifasciste, oppure se si inizia a tarare la pratica e l'analisi sui luoghi di produzione della ricchezza.La mia idea è che alcuni spezzoni invece vogliano coprire le proprie pratiche con analisi astruse, invece di denunciare chiaramente i propri limiti e prepararsi a crescere. Dall'altra parte invece c'è quello che dici tu, la distanza tra un'analisi anche corretta e una pratica direttamente derivata dall'analisi senza che si faccia un conto delle proprie forze e del livello complessivo del proprio soggetto. Una fuga in avanti, comunque i temi sono sul tavolo, ora si può solo migliorare, spero ;)

precari united ha detto...

Certamente è vero che le pratiche vanno cambiate e va attaccata la produzione della ricchezza, ed è vero che per cambiare le pratiche c'è bisogno di confronto e ampliamento dell'obiettivo di analisi, in quanto l'una e l'altra intimamente legate e l'assenza della quasi totalità dei sindacati di base e il calo numerico rispetto a quello scorso non sono buoni segnali.
Per cui, al di là di tutto, certo è che non solo si può ma che si deve solo migliorare.