Questo breve articolo, segnalato dal sempre attento Roberto, ci mostra molto bene i risultati che la lotta di classe dei padroni in Europa sta producendo.
Mi fermerei su pochi argomenti, perchè, nella sua brevità, è uno studio molto denso di spunti, ma dobbiamo per forza isolarne solo alcuni:
1) Solo un quarto dell'84% della forza lavoro globale (presa in considerazione dallo studio) ha un impiego stabile o anche solo semplicemente normato, mentre i contratti di lavoro ( anche a tempo indeterminato) aumentano nei Paesi ad alto reddito. Ciò dimostra come il legame tra un lavoro che rientra in una sistema di norme e tutele del lavoratore -un contratto per ovvie ragioni tutela maggiormente il lavoratore rispetto all'assenza dello stesso, anche se qua nell'UE c'è chi sta lavorando, vedi Renzi, per annullare questa forma di tutela, rendendola eufemisticamente 'crescente'- sia intimo e circolare.
2) I Paesi dell'UE che maggiormente hanno subito l'austerity sono i Paesi che presentano maggiori squilibri di reddito, assieme all' UK che ha altre ragioni storiche e una particolare collocazione nell'area UE che qua sarebbe lungo e difficile trattare. Ciò mostra chiaramente come l'austerity sia solo un modo banditesco di estrarre plusvalore e non certo un mezzo per rilanciare l'economia, penalizzando i consumi di massa proprio coi redditi squilibrati.
3) L'occupazione mondiale è in calo. Ciò mostra che il primo problema, in un mondo basato su un sistema consumista che produce molto più di quel che serve e in cui la ricerca di risorse spinge a distruzioni di Stati e tessuti sociali pre esistenti (imperialismo), è un mostro a due teste, cioè il modello di sviluppo stesso e la distribuzione squilibratissima della ricchezza. Senza questo punto di partenza, qualsiasi intervento, che rimane dentro il paradigma novecentesco sviluppista, non ha senso. Anche le aree poco sviluppate presentano differenze di reddito enormi, per cui lo sviluppo porterebbe vantaggi solo ad una ristrettissima elite, cosa che peraltro sta accadendo.
da http://www.internazionale.it/notizie/2015/05/19/lavoro-statistiche-iloIl 60 per cento dei lavoratori nel mondo non ha un contratto e in gran parte sono persone che lavorano in proprio. Tra quelli che hanno un lavoro retribuito, solo il 42 per cento ha un contratto a tempo indeterminato. Lo sostiene un’indagine pubblicata oggi dall’Organizzazione internazionale del lavoro (Ilo), un’agenzia delle Nazioni Unite.
Secondo lo studio, condotto in più di 180 paesi e che riguarda l’84 per cento della forza lavoro globale, solo un quarto dei lavoratori ha un impiego stabile, mentre tre quarti hanno contratti temporanei, lavorano senza contratto o hanno un lavoro senza paga in famiglia.
Secondo l’Ilo, il lavoro retribuito sta crescendo, ma rappresenta ancora solo la metà dell’occupazione mondiale. A seconda delle regioni geografiche, inoltre, ci sono forti disuguaglianze. Per esempio, nei paesi in via di sviluppo e nell’Europa centrale e meridionale otto lavoratori su dieci hanno un lavoro da dipendenti, mentre nell’Asia del sud e nell’Africa Subsahariana solo due persone su dieci.
La mappa sotto visualizza il coefficiente Gini, che misura la disuguaglianza nella distribuzione del reddito, dove lo 0 è la massima uguaglianza e 100 è la massima disuguaglianza. L’Italia è uno dei paesi europei con il coefficiente più alto, cioè con maggiore disuguaglianza di reddito.
In calo invece la crescita dell’occupazione globale: dal 2011 a oggi si è fermata all’1,4 per cento all’anno, contro l’1,7 per cento registrato dal 2000 al 2007. Nei paesi sviluppati e nell’Unione europea la crescita dell’occupazione in media è salita dello 0,1 per cento all’anno, rispetto allo 0,9 per cento tra il 2000 e il 2007.
Mi fermerei su pochi argomenti, perchè, nella sua brevità, è uno studio molto denso di spunti, ma dobbiamo per forza isolarne solo alcuni:
1) Solo un quarto dell'84% della forza lavoro globale (presa in considerazione dallo studio) ha un impiego stabile o anche solo semplicemente normato, mentre i contratti di lavoro ( anche a tempo indeterminato) aumentano nei Paesi ad alto reddito. Ciò dimostra come il legame tra un lavoro che rientra in una sistema di norme e tutele del lavoratore -un contratto per ovvie ragioni tutela maggiormente il lavoratore rispetto all'assenza dello stesso, anche se qua nell'UE c'è chi sta lavorando, vedi Renzi, per annullare questa forma di tutela, rendendola eufemisticamente 'crescente'- sia intimo e circolare.
2) I Paesi dell'UE che maggiormente hanno subito l'austerity sono i Paesi che presentano maggiori squilibri di reddito, assieme all' UK che ha altre ragioni storiche e una particolare collocazione nell'area UE che qua sarebbe lungo e difficile trattare. Ciò mostra chiaramente come l'austerity sia solo un modo banditesco di estrarre plusvalore e non certo un mezzo per rilanciare l'economia, penalizzando i consumi di massa proprio coi redditi squilibrati.
3) L'occupazione mondiale è in calo. Ciò mostra che il primo problema, in un mondo basato su un sistema consumista che produce molto più di quel che serve e in cui la ricerca di risorse spinge a distruzioni di Stati e tessuti sociali pre esistenti (imperialismo), è un mostro a due teste, cioè il modello di sviluppo stesso e la distribuzione squilibratissima della ricchezza. Senza questo punto di partenza, qualsiasi intervento, che rimane dentro il paradigma novecentesco sviluppista, non ha senso. Anche le aree poco sviluppate presentano differenze di reddito enormi, per cui lo sviluppo porterebbe vantaggi solo ad una ristrettissima elite, cosa che peraltro sta accadendo.
da http://www.internazionale.it/notizie/2015/05/19/lavoro-statistiche-iloIl 60 per cento dei lavoratori nel mondo non ha un contratto e in gran parte sono persone che lavorano in proprio. Tra quelli che hanno un lavoro retribuito, solo il 42 per cento ha un contratto a tempo indeterminato. Lo sostiene un’indagine pubblicata oggi dall’Organizzazione internazionale del lavoro (Ilo), un’agenzia delle Nazioni Unite.
Secondo lo studio, condotto in più di 180 paesi e che riguarda l’84 per cento della forza lavoro globale, solo un quarto dei lavoratori ha un impiego stabile, mentre tre quarti hanno contratti temporanei, lavorano senza contratto o hanno un lavoro senza paga in famiglia.
Secondo l’Ilo, il lavoro retribuito sta crescendo, ma rappresenta ancora solo la metà dell’occupazione mondiale. A seconda delle regioni geografiche, inoltre, ci sono forti disuguaglianze. Per esempio, nei paesi in via di sviluppo e nell’Europa centrale e meridionale otto lavoratori su dieci hanno un lavoro da dipendenti, mentre nell’Asia del sud e nell’Africa Subsahariana solo due persone su dieci.
La mappa sotto visualizza il coefficiente Gini, che misura la disuguaglianza nella distribuzione del reddito, dove lo 0 è la massima uguaglianza e 100 è la massima disuguaglianza. L’Italia è uno dei paesi europei con il coefficiente più alto, cioè con maggiore disuguaglianza di reddito.
In calo invece la crescita dell’occupazione globale: dal 2011 a oggi si è fermata all’1,4 per cento all’anno, contro l’1,7 per cento registrato dal 2000 al 2007. Nei paesi sviluppati e nell’Unione europea la crescita dell’occupazione in media è salita dello 0,1 per cento all’anno, rispetto allo 0,9 per cento tra il 2000 e il 2007.
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