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mercoledì 6 maggio 2015

LA SCUOLA DI RENZI, BUONA PER IL PADRONE.

All'indomani del ben riuscito sciopero degli insegnanti e degli studenti, preceduto dalle manganellate bolognesi di domenica, pubblichiamo un articolo de Il Manifesto, immediatamente precedente allo sciopero, in cui si analizza la 'riforma' di Renzi rispetto ai punti che hanno maggiormente caratterizzato le proteste.
Per quel che ci riguarda, sappiamo bene che, al di là della retorica sulla cultura, il fine precipuo della scuola è stato sempre creare forza lavoro diversificata, dal settore pubblico a quello del lavoro manuale, a seconda dei tipi di istituto e/o del seguito universitario, tensione mitigata e resa più sociale solo dalle grandi lotte di qualche decennio fa.
Leggendo la 'buona scuola' dentro la generale ristrutturazione da capitalismo autoritario, è forse più facile capire come la scuola sia legata alla struttura economica, che oggi vuole delegittimare e snaturare il settore pubblico, da una parte rendendolo una succursale dei privati e dall'altra indebolendolo e depauperandolo per favorire la presenza di scuole paritarie, oggi perlopiù in mano ai preti, probabilmente domani direttamente sempre più gestite da enclave economiche.Avremo -nei progetti padronali- una scuola pubblica sempre più settorializzata e serializzata (vedi INVALSI) a seconda delle esigenze dei privati, e scuole private e paritarie per ricchi per formare dall'inizio le classi dirigenti o i manager che per esse lavorano: una scuola fatta a misura di Capitale.
Se le lotte storiche sulla scuola ci hanno insegnato una cosa, è che proprio per il suo intimo legame con la struttura dei rapporti sociali, la lotta per la difesa della scuola pubblica va inserita e legata alle lotte in difesa di tutto il resto del settore pubblico, dei salariati, del reddito, della casa.
Solo unendo e legando le proteste si potrà attaccare realmente tutto il progetto di ristrutturazione capitalista della società che l'UE vuole e che Renzi esegue.
La fine di quest'anno scolastico ha segnato una grande volontà di lotta dentro gli istituti; legare le lotte potrà essere il salto di qualità che tutti cerchiamo.

da http://ilmanifesto.info/scuola-il-preside-manager-che-seleziona-le-clientele/
Al cuore del progetto Renzi-Giannini-Pd. La protesta contro una «governance» tipica del modello socio-economico neoliberista che mette a capo di una società, come di un istituto scolastico, un «dominus». Alla faccia dell’autonomia di pensiero, e personale. Il futuro della scuola è il feudalesimo. Come i baroni all'università
Nell’imminenza dello scio­pero gene­rale della scuola, il Par­tito Demo­cra­tico ha fatto appro­vare una modi­fica all’articolo due del Ddl per cer­care di annac­quare il cuore di una riforma che isti­tui­sce il «pre­side mana­ger» e la «chia­mata diretta» dei docenti, il vec­chio pro­getto ber­lu­sco­niano con­te­nuto in un pro­getto di legge mai appro­vato come il «Ddl Aprea». Nella nuova ver­sione nella com­mis­sione cul­tura alla Camera il pre­side «indi­vi­duerà» (e non «sce­glierà») i docenti. Resta intatto il potere dei nuovi mana­ger degli isti­tuti sco­la­stici che potranno sce­gliere i cam­pioni che andranno a com­porre la loro squa­dra del cuore. Aspetto col­le­gato a que­sti super-poteri che la riforma-Renzi intende attri­buire ai diri­genti sco­la­stici, anche su sol­le­ci­ta­zione delle lobby con­fin­du­striali e quelle dei pre­sidi, è la modi­fica all’articolo 7 del dise­gno di legge (in aula alla Camera il 19 mag­gio): gli albi ter­ri­to­riali con la durata trien­nale. Que­sto è un altro aspetto con­te­stato dai sin­da­cati in scio­pero oggi: l’emendamento pro­po­sto dal Pd sovrap­pone tali albi alle reti delle scuole.
In que­sto modo si ritiene di imporre ai diri­genti regole più vin­co­lanti nella scelta (par­don, «indi­vi­dua­zione») dei docenti neo-assunti a set­tem­bre 2015, coloro che dovreb­bero com­porre per un trien­nio il «portfolio»personale del preside-padrone di rife­ri­mento. Tale scelta dovrebbe essere co-gestita con il Con­si­glio di Isti­tuto. L’impianto deci­sio­ni­sta del prov­ve­di­mento risulta rin­vi­go­rito. Il governo ritiene così di rea­liz­zare com­ple­ta­mente uno dei cri­teri ispi­ra­tori della scuola-azienda con­te­nuti nella riforma di centro-sinistra Berlinguer-Zecchino: l’autonomia. Par­liamo di una «parola baule» il cui reale signi­fi­cato viene ora chia­rito». L’autonomia è quella dei pre­sidi che gover­ne­ranno gli isti­tu­ti­con i prin­cipi del «New public mana­ge­ment». Si tratta di una «gover­nance» tipica del modello socio-economico neo­li­be­ri­sta che mette a capo di una società, come di un isti­tuto sco­la­stico, un «domi­nus». Alla fac­cia dell’autonomia di pen­siero, e per­so­nale. La pri­va­tiz­za­zione della scuola emerge da un altro emen­da­mento all’articolo 2 della riforma, quello che pre­vede l’apertura delle scuole anche d’estate. I docenti non lavo­re­ranno. Saranno i pre­sidi e non meglio pre­ci­sate «asso­cia­zioni» a tenerle aperte.
La «Buona Scuola» imporrà una gerar­chia tra gli inse­gnanti e il supe­ra­mento degli organi col­le­giali ridotti a «staff» del mana­ger del «capi­tale umano». Il pre­side sarà colui che decide il pro­getto di scuola e l’organico dei docenti ogni trien­nio. La scuola sarà tra­sfor­mata in un mer­cato simile a quello del cal­cio. In fondo, que­sta è l’utopia della «meri­to­cra­zia»: orga­niz­zare un cam­pio­nato — con tanto di clas­si­fi­che — dove i «meri­te­voli» inse­gnano nelle scuole migliori. Que­sto è il mirag­gio della «mobi­lità sociale». È più che evi­dente la natura clien­te­lare, nepo­ti­stica e poten­zial­mente cor­rut­tiva di que­sta selezione.
La scuola di Renzi asso­mi­glierà all’università ita­liana, e in par­ti­co­lare al suo sistema di «reclu­ta­mento» lasciato intatto dalla riforma Gel­mini. Il diri­gente sco­la­stico rice­verà il potere (anche eco­no­mico) di coop­tare le inse­gnanti, e gli inse­gnanti, creando forme di dipen­denza per­so­nale al fine di vin­cere la «com­pe­ti­zione» esa­spe­rata con gli altri isti­tuti. Al cul­mine di que­sta visione aziendalista-feudale c’è l’idea che gli stu­denti e le fami­glie par­te­ci­pino alla valu­ta­zione dei docenti. Que­sti ultimi, se non rispet­te­ranno la volontà dei pre­side, o la sod­di­sfa­zione dei loro «clienti», saranno mob­biz­zati e per­de­ranno la loro libertà di insegnamento.

*** Leggi: Meri­to­cra­zia: il pri­vi­le­gio è solo di classe (Recen­sione a “L’avvento alla meri­to­cra­zia” di Michael Young)

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