All'indomani del ben riuscito sciopero degli insegnanti e degli studenti, preceduto dalle manganellate bolognesi di domenica, pubblichiamo un articolo de Il Manifesto, immediatamente precedente allo sciopero, in cui si analizza la 'riforma' di Renzi rispetto ai punti che hanno maggiormente caratterizzato le proteste.
Per quel che ci riguarda, sappiamo bene che, al di là della retorica sulla cultura, il fine precipuo della scuola è stato sempre creare forza lavoro diversificata, dal settore pubblico a quello del lavoro manuale, a seconda dei tipi di istituto e/o del seguito universitario, tensione mitigata e resa più sociale solo dalle grandi lotte di qualche decennio fa.
Leggendo la 'buona scuola' dentro la generale ristrutturazione da capitalismo autoritario, è forse più facile capire come la scuola sia legata alla struttura economica, che oggi vuole delegittimare e snaturare il settore pubblico, da una parte rendendolo una succursale dei privati e dall'altra indebolendolo e depauperandolo per favorire la presenza di scuole paritarie, oggi perlopiù in mano ai preti, probabilmente domani direttamente sempre più gestite da enclave economiche.Avremo -nei progetti padronali- una scuola pubblica sempre più settorializzata e serializzata (vedi INVALSI) a seconda delle esigenze dei privati, e scuole private e paritarie per ricchi per formare dall'inizio le classi dirigenti o i manager che per esse lavorano: una scuola fatta a misura di Capitale.
Se le lotte storiche sulla scuola ci hanno insegnato una cosa, è che proprio per il suo intimo legame con la struttura dei rapporti sociali, la lotta per la difesa della scuola pubblica va inserita e legata alle lotte in difesa di tutto il resto del settore pubblico, dei salariati, del reddito, della casa.
Solo unendo e legando le proteste si potrà attaccare realmente tutto il progetto di ristrutturazione capitalista della società che l'UE vuole e che Renzi esegue.
La fine di quest'anno scolastico ha segnato una grande volontà di lotta dentro gli istituti; legare le lotte potrà essere il salto di qualità che tutti cerchiamo.
da http://ilmanifesto.info/scuola-il-preside-manager-che-seleziona-le-clientele/
Al cuore del progetto Renzi-Giannini-Pd. La protesta contro una «governance» tipica del modello socio-economico neoliberista che mette a capo di una società, come di un istituto scolastico, un «dominus». Alla faccia dell’autonomia di pensiero, e personale. Il futuro della scuola è il feudalesimo. Come i baroni all'università
Nell’imminenza dello sciopero generale della scuola, il Partito Democratico ha fatto approvare una modifica all’articolo due del Ddl per cercare di annacquare il cuore di una riforma che istituisce il «preside manager» e la «chiamata diretta» dei docenti, il vecchio progetto berlusconiano contenuto in un progetto di legge mai approvato come il «Ddl Aprea». Nella nuova versione nella commissione cultura alla Camera il preside «individuerà» (e non «sceglierà») i docenti. Resta intatto il potere dei nuovi manager degli istituti scolastici che potranno scegliere i campioni che andranno a comporre la loro squadra del cuore. Aspetto collegato a questi super-poteri che la riforma-Renzi intende attribuire ai dirigenti scolastici, anche su sollecitazione delle lobby confindustriali e quelle dei presidi, è la modifica all’articolo 7 del disegno di legge (in aula alla Camera il 19 maggio): gli albi territoriali con la durata triennale. Questo è un altro aspetto contestato dai sindacati in sciopero oggi: l’emendamento proposto dal Pd sovrappone tali albi alle reti delle scuole.
In questo modo si ritiene di imporre ai dirigenti regole più vincolanti nella scelta (pardon, «individuazione») dei docenti neo-assunti a settembre 2015, coloro che dovrebbero comporre per un triennio il «portfolio»personale del preside-padrone di riferimento. Tale scelta dovrebbe essere co-gestita con il Consiglio di Istituto. L’impianto decisionista del provvedimento risulta rinvigorito. Il governo ritiene così di realizzare completamente uno dei criteri ispiratori della scuola-azienda contenuti nella riforma di centro-sinistra Berlinguer-Zecchino: l’autonomia. Parliamo di una «parola baule» il cui reale significato viene ora chiarito». L’autonomia è quella dei presidi che governeranno gli istituticon i principi del «New public management». Si tratta di una «governance» tipica del modello socio-economico neoliberista che mette a capo di una società, come di un istituto scolastico, un «dominus». Alla faccia dell’autonomia di pensiero, e personale. La privatizzazione della scuola emerge da un altro emendamento all’articolo 2 della riforma, quello che prevede l’apertura delle scuole anche d’estate. I docenti non lavoreranno. Saranno i presidi e non meglio precisate «associazioni» a tenerle aperte.
La «Buona Scuola» imporrà una gerarchia tra gli insegnanti e il superamento degli organi collegiali ridotti a «staff» del manager del «capitale umano». Il preside sarà colui che decide il progetto di scuola e l’organico dei docenti ogni triennio. La scuola sarà trasformata in un mercato simile a quello del calcio. In fondo, questa è l’utopia della «meritocrazia»: organizzare un campionato — con tanto di classifiche — dove i «meritevoli» insegnano nelle scuole migliori. Questo è il miraggio della «mobilità sociale». È più che evidente la natura clientelare, nepotistica e potenzialmente corruttiva di questa selezione.
La scuola di Renzi assomiglierà all’università italiana, e in particolare al suo sistema di «reclutamento» lasciato intatto dalla riforma Gelmini. Il dirigente scolastico riceverà il potere (anche economico) di cooptare le insegnanti, e gli insegnanti, creando forme di dipendenza personale al fine di vincere la «competizione» esasperata con gli altri istituti. Al culmine di questa visione aziendalista-feudale c’è l’idea che gli studenti e le famiglie partecipino alla valutazione dei docenti. Questi ultimi, se non rispetteranno la volontà dei preside, o la soddisfazione dei loro «clienti», saranno mobbizzati e perderanno la loro libertà di insegnamento.
*** Leggi: Meritocrazia: il privilegio è solo di classe (Recensione a “L’avvento alla meritocrazia” di Michael Young)
Tutto il potere ai presidi! Saranno sindaci, prefetti e manager
Renzi è la continuazione della riforma Gelmini con gli stessi mezzi
Scuola, Gelmini canta vittoria: “La riforma Renzi è nostra”
Per quel che ci riguarda, sappiamo bene che, al di là della retorica sulla cultura, il fine precipuo della scuola è stato sempre creare forza lavoro diversificata, dal settore pubblico a quello del lavoro manuale, a seconda dei tipi di istituto e/o del seguito universitario, tensione mitigata e resa più sociale solo dalle grandi lotte di qualche decennio fa.
Leggendo la 'buona scuola' dentro la generale ristrutturazione da capitalismo autoritario, è forse più facile capire come la scuola sia legata alla struttura economica, che oggi vuole delegittimare e snaturare il settore pubblico, da una parte rendendolo una succursale dei privati e dall'altra indebolendolo e depauperandolo per favorire la presenza di scuole paritarie, oggi perlopiù in mano ai preti, probabilmente domani direttamente sempre più gestite da enclave economiche.Avremo -nei progetti padronali- una scuola pubblica sempre più settorializzata e serializzata (vedi INVALSI) a seconda delle esigenze dei privati, e scuole private e paritarie per ricchi per formare dall'inizio le classi dirigenti o i manager che per esse lavorano: una scuola fatta a misura di Capitale.
Se le lotte storiche sulla scuola ci hanno insegnato una cosa, è che proprio per il suo intimo legame con la struttura dei rapporti sociali, la lotta per la difesa della scuola pubblica va inserita e legata alle lotte in difesa di tutto il resto del settore pubblico, dei salariati, del reddito, della casa.
Solo unendo e legando le proteste si potrà attaccare realmente tutto il progetto di ristrutturazione capitalista della società che l'UE vuole e che Renzi esegue.
La fine di quest'anno scolastico ha segnato una grande volontà di lotta dentro gli istituti; legare le lotte potrà essere il salto di qualità che tutti cerchiamo.
da http://ilmanifesto.info/scuola-il-preside-manager-che-seleziona-le-clientele/
Al cuore del progetto Renzi-Giannini-Pd. La protesta contro una «governance» tipica del modello socio-economico neoliberista che mette a capo di una società, come di un istituto scolastico, un «dominus». Alla faccia dell’autonomia di pensiero, e personale. Il futuro della scuola è il feudalesimo. Come i baroni all'università
In questo modo si ritiene di imporre ai dirigenti regole più vincolanti nella scelta (pardon, «individuazione») dei docenti neo-assunti a settembre 2015, coloro che dovrebbero comporre per un triennio il «portfolio»personale del preside-padrone di riferimento. Tale scelta dovrebbe essere co-gestita con il Consiglio di Istituto. L’impianto decisionista del provvedimento risulta rinvigorito. Il governo ritiene così di realizzare completamente uno dei criteri ispiratori della scuola-azienda contenuti nella riforma di centro-sinistra Berlinguer-Zecchino: l’autonomia. Parliamo di una «parola baule» il cui reale significato viene ora chiarito». L’autonomia è quella dei presidi che governeranno gli istituticon i principi del «New public management». Si tratta di una «governance» tipica del modello socio-economico neoliberista che mette a capo di una società, come di un istituto scolastico, un «dominus». Alla faccia dell’autonomia di pensiero, e personale. La privatizzazione della scuola emerge da un altro emendamento all’articolo 2 della riforma, quello che prevede l’apertura delle scuole anche d’estate. I docenti non lavoreranno. Saranno i presidi e non meglio precisate «associazioni» a tenerle aperte.
La «Buona Scuola» imporrà una gerarchia tra gli insegnanti e il superamento degli organi collegiali ridotti a «staff» del manager del «capitale umano». Il preside sarà colui che decide il progetto di scuola e l’organico dei docenti ogni triennio. La scuola sarà trasformata in un mercato simile a quello del calcio. In fondo, questa è l’utopia della «meritocrazia»: organizzare un campionato — con tanto di classifiche — dove i «meritevoli» insegnano nelle scuole migliori. Questo è il miraggio della «mobilità sociale». È più che evidente la natura clientelare, nepotistica e potenzialmente corruttiva di questa selezione.
La scuola di Renzi assomiglierà all’università italiana, e in particolare al suo sistema di «reclutamento» lasciato intatto dalla riforma Gelmini. Il dirigente scolastico riceverà il potere (anche economico) di cooptare le insegnanti, e gli insegnanti, creando forme di dipendenza personale al fine di vincere la «competizione» esasperata con gli altri istituti. Al culmine di questa visione aziendalista-feudale c’è l’idea che gli studenti e le famiglie partecipino alla valutazione dei docenti. Questi ultimi, se non rispetteranno la volontà dei preside, o la soddisfazione dei loro «clienti», saranno mobbizzati e perderanno la loro libertà di insegnamento.
*** Leggi: Meritocrazia: il privilegio è solo di classe (Recensione a “L’avvento alla meritocrazia” di Michael Young)
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