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martedì 30 gennaio 2018

MODELLO TEDESCO



da  https://ilmanifesto.it/germania-cavie-umane-per-i-test-sul-diesel/


Cavie umane «gasate» per testare il diesel made in Germany. L’incredibile e allucinante scoperta emerge nemmeno 24 ore dopo la denuncia degli esperimenti sulle scimmie nei laboratori Usa. Venticinque uomini e donne utilizzati per provare l’efficacia dei filtri anti-emissione dei motori Bmw, Mercedes e Volkswagen direttamente sui loro polmoni. Un inquietante «studio a breve termine sull’inalazione del biossido di azoto nelle persone sane». Neppure in nome della scienza, ma solo per esigenze di marketing.
SI SPALANCA così l’ultimo, nerissimo, capitolo del «Dieselgate» scoppiato tre anni fa dopo la rivelazione sui software truccati. Con i manager delle tre case automobilistiche che smentiscono ogni coinvolgimento, l’università di Aquisgrana che smonta la pericolosità dei test da lei gestiti e la ferma condanna della cancelliera Angela Merkel, infuriata per lo scandalo che imbarazza governo e Paese: «Gli esperimenti su animali e persone non sono eticamente giustificabili».
Prima di lei hanno preso le distanze i lavoratori delle imprese sotto accusa, pretendendo spiegazioni dai dirigenti e la testa dei responsabili: «Stavolta si è attraversato ogni confine etico-morale» scandisce il consiglio di fabbrica di Vw, mentre la ministra dell’ambiente Barbara Hendricks (Spd) resta «inorridita» dalla notizia.
Non sono più trucchi tecnici, ma un imbroglio giocato su corpi in carne e ossa, nemmeno sacrificati per la conoscenza. Secondo Christian Schmidt (Csu), numero due del ministero dei trasporti, «queste prove non servono ad acquisire dati scientifici ma solo alle pubbliche relazioni».
Per questo ieri il primo a saltare dalla sedia è stato Stephan Weil, governatore socialista della Bassa Sassonia, che controlla il 20% di Volkswagen e ne ospita la sede a Wolfsburg. Da membro del Cda ha preteso dal gruppo l’«immediata verifica degli esperimenti sugli umani»; in veste di premier, invece, domenica aveva definito il caso scoperchiato da New York Times, Stuttgarter Zeitung e Süddeutsche Zeitung «assurdo e disgustoso».
Chiarimento, è anche il leitmotiv del responsabile del consiglio di vigilanza Hans Dieter Pötsch cui ufficialmente non risultano test per conto di Vw. Mentre il capo del consiglio di fabbrica Bernd Osterloh fa sapere di essere «sotto choc» ma pronto a chiedere «conseguenze per i colpevoli, se ancora lavorano qui».
Stando al rapporto dell’«European research group on Environment and Health in Transport» (Eugt) proprio il colosso di Wolfsburg era il referente della ricerca commissionata all’ente fondato dalle lobby del settore Automotive, anche se pure Daimler (cioè Mercedes) e Bmw finanziavano l’indagine.
«CI DISSOCIAMO in pieno» replicano i vertici dei tre marchi, anche se non restano esenti dalla critica di base del governo. «Dovrebbero limitare gli inquinanti rispettando i limiti, non dimostrarne la presunta non nocività» impartisce il portavoce Steffen Seibert.
E secondo la S.Z. la serie di test negli Stati uniti serviva soprattutto alla promozione delle vendite. «Non riesco a pensare a un motivo simile neppure lontanamente» commenta il governatore Weil, cui Vw promette sia l’indagine interna che la punizione dei responsabili.
Un modo per ripulire l’immagine devastata dallo scandalo esploso a settembre 2015 che portò l’ex amministratore delegato Martin Winterkorn, a confessare come 11 milioni di «auto del popolo» fossero dotate del programma per decodificare i test sulle emissioni. Ma anche l’unica via per rimpinguare le casse dissanguate dai 7,3 miliardi di dollari (2,8 patteggiati nel 2017) da pagare per la frode.
SI SALVA dallo scoop della stampa tedesca giusto il comune fornitore Bosch: all’epoca degli esperimenti umani non era più membro dell’Eugt, poi sciolto a metà dell’anno scorso. Dell’ente, al contrario, facevano parte Daimler, Bmw e Vw rappresentati nel Cda da direttori che si rivelavano «più come gruppo di accoglienza per il diesel che per la facciata scientifica» come sintetizza S.Z. Marcando il sospetto che l’uso di cavie umane fosse noto già domenica, al pari della tortura sulle scimmie costrette a inalare i gas di scarico dei motori per il «Maggiolino» in New Mexico.
«Ci siamo convinti che il metodo scientifico selezionato allora fosse sbagliato. Per le auto più recenti non abbiamo utilizzato animali» giurano a Wolfsburg.
Eppure, nel rapporto Eugt che si riferisce al periodo 2012-2015 si afferma come l’associazione su raccomandazione del consiglio consultivo abbia promosso lo «studio sull’inalazione del biossido di azoto nelle persone» effettuato su 25 soggetti con la collaborazione dell’ospedale universitario «Rwth» di Aquisgrana, che ora assicura: «L’esposizione agli inquinanti degli umani – autorizzata dal comitato etico dell’ateneo – non era sotto della soglia nociva, né collegata ai test sulle scimmie e tantomeno al Dieselgate».

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