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venerdì 9 marzo 2018

IL SENATORE



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E' stato eletto, nelle file della Lega, il primo senatore nero della Storia di Italia:  Toni Iwoby, 63 anni, nigeriano con cittadinanza italiana, da oltre quaranta sul territorio e da venticinque anni militante del Carroccio, con ruoli di amministratore locale e di responsabile federale per l'immigrazione.

Se questa operazione (che non è una novità assoluta per il Carroccio, come diremo dopo) permette alla Lega di dichiararsi semplicisticamente non razzista, altrettanto semplicistiche sono state molte reazioni del mondo progressista, che ha ripreso la definizione del 'negro di casa' di Malcolm X (ma impropriamente, stante la classe sociale di Iwoby) o ha tirato fuori improbabili spiegazioni psicologizzanti, arrivando all'assunto, un po' paternalista in stile buon selvaggio, per cui quando un nero fa una scelta apparentemente illogica è sempre manipolato dalla società.

La questione è ben più complessa e articolata, e si deve ragionarci partendo appunto dalla biografia di Iwoby.
L'uomo arriva nel '76 con un permesso di studi, dopo essersi prima diplomato a Manchester, e ottiene due lauree, una di tipo informatico e una umanista.
Dopo aver lavorato con ruoli dirigenziali in diverse ditte, nel 2001 ne fonda una sua, di servizi e progettazione informatica, di cui è amministratore delegato.
Vive a Spirano, dove ha sposato l'italiana Elisabetta, ha due figlie ed è nonno.

Nella biografia e nel rivendicare sempre il suo status di immigrato regolare, si capisce molto di Iwobi e del razzismo odierno.
Abbiamo ripetuto alla nausea che il razzismo moderno nasce come ideologia della scissione internazionale tra Capitale e Lavoro e vede il nero emigrato in Occidente come strutturalmente povero e subalterno.
Oggi che siamo in una società ferocemente individualista, competitiva e regressiva in tutti i campi, il razzismo, come ci fa vedere il decreto Minniti, è innanzitutto razzismo contro i poveri, contro le fasce marginali della società, che in buona parte (ma non del tutto) coincidono con l'immigrazione africana (e in parte asiatica), ma, per quel che riguarda quest'ultima, è sempre razzismo contro il nero povero.
Iwoby è altro: è arrivato regolarmente, ha studiato, si è sposato e soprattutto è un piccolo imprenditore con buoni affari, a cui, per il suo status sociale superiore, danno fastidio, come a molti della sua classe, gli irregolari e quelli troppo poveri che hanno bisogno dell'aiuto dello Stato (e dunque della fiscalità generale). In nome di quell'egoismo proprietario di cui parlavamo nell'analisi post elettorale*, non sopporta che ci sia gente immigrata che non faccia la sua trafila (che richiede, sì, grandi meriti di volontà e studio, ma anche un'insieme di circostanze difficilmente riproducibili, a cominciare dal contesto sociale europeo di trent'anni fa) e crede nella meritocrazia capitalista che lo fa sentire ed essere -ed è questo ciò che conta-  di un'altra classe rispetto a tanti altri immigrati in Italia
Questo suo status di businessman nei servizi all'avanguardia, status che è tutto sommato una rarità (ben diverse sarebbero le reazioni della piccola borghesia proprietaria autoctona se, detto per assurdo, si formassero consistenti strati di borghesia nera arricchita), lo rende accettabile -probabilmente con qualche smorfia di alcuni- anche alla base leghista, proprio perchè parliamo di una eccezionalità, di un padroncino territoriale integrato e stabile. Tutto questo, ripeto, si verifica perchè si tratta di un caso raro, dove, per quel senso di reverenza che si deve a chi ha un Capitale, seppure piccolo, la stessa base leghista accetta Iwoby (più o meno) come uno dei loro, gli altri padroncini perchè hanno davanti un imprenditore competente, gli operai perchè è più in alto di loro come scolarizzazione e soprattutto nella scala sociale, sempre riprendendo il discorso per cui, nei tanti territori fondati sulla piccola proprietà, facilmente il proletario interiorizza, per osmosi ambientale, l'ideologia del padrone*.
D'altronde, come sopra accennato, abbiamo anche l'esperienza di alcune persone italiane nere con ruoli di partito: in particolare Sandy Cane sindaco di Viggiù nel 2009.
Per concludere, ci sembra che questa elezione, e i suoi precedenti, non legittimino certo la Lega come partito non razzista, giacchè in nessun modo il neosenatore Iwoby ha promosso politiche di integrazione e di contrasto sociale al razzismo: al contrario, col suo ruolo di responsabile federale per l'immigrazione, legittima le posizioni di Salvini. Ma, vista dalla nostra parte, non sembra esserci bisogno di citazioni di Malcolm X (che parlava di schiavi sia per quello di casa che per quello dei campi, mentre qua il gap di classe è decisamente netto) o di psicologismi vari, ma che sia un fatto del tutto normale per quello che è il razzismo oggi, cioè sostanzialmente un classismo verso gli ultimi della società, che in larga parte coincidono con le masse immigrate... mentre per l'autoctono povero ci sono parole strumentali per farsi votare, ma poi arrivano  trasversali decreti anti bivacco delle varie amministrazioni comunali e -da parte del PD e non della Lega, la quale non penso abbia comunque in mente decreti più tolleranti- il Decreto Minniti.

*http://precariunited.blogspot.it/2018/03/il-voto-e-la-classe-abbozzi.html

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