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sabato 17 novembre 2018

WEEK END MAGAZINE



ESPETTORAZIONI DI UN TISICO ALLA LUNA


Risultati immagini per luna caricatura

Luna,
luogo comune delli sfaccendati;
in ogni prova prosodica
facile rima ai sonetti romantici;
belletti e vernice sentimentale alla bionda e alla bruna
per gustar la primizia dei contatti antematrimoniali;
lenocinio archetipo alle adultere;
mezza maschera vuota di simboli;
tegghia d’ottone a friggervi i capricci di Diana;
crachat maggiore allo stomaco immedagliato del cielo;
Luna, ho creduto in te;
al tuo patrocinio incappai nella ragna tesa
da due sguardi e da quattro parolette,
buscai solennemente
d’una verginità posticcia e macra
l’imberciatura classica.
Luna,
clorotica fortuna d’argento a navigare,
della tua faccia mi feci un altare:
vi ho deposto, in offerta, le più tirchie ed amare soddisfazioni
de’ miei sensi impotenti e castigati,
tutto quanto lasciai, con falsa umiltà,
alle gioie del mondo,
alla tentata e recusatasi felicità.
Luna,
il mio cuore ti sospira e si svuota
d’amarezze e ti vomita bestemmie:
sono un povero tisico che rece
coi coaguli rossi il suo buon cuore.
Luna,
balzata sul palcoscenico del firmamento,
mongolfiera celeste in convulsione sorretta dal vento,
simulata matrice in gestazione,
per scodellarci questa Primavera;
ho vergogna di te che, senza velo,
balli la danza del ventre sul cielo.
Occhiaccio strabico e permaloso,
sbìrciami in terra, sono il tuo sposo;
sogguarda dalla palpebra rossa e purulenta.
Testé, fosti uno specchio verdognolo
gobbuto ad occidente
di un’acida e bacata melarancia:
sarai libidinosa bocca spalancata,
con lunga lingua di luce a imbavare
i bei fianchi alle Nubi vaghe e strane,
prone al divano dell’orizzonte
callipigie e impudiche cortigiane.
Questo a te, questo a me
il contagio riserba alla fregola:
anche sopra le cime della notte
stirano e snodano le membra erette dal peplo le Nubi
pazze e infeconde, convulse e corrotte.
Luna,
civetta ipocrita a starnazzare
per l’aja insabbiata di stelle
fra il Carro e lo Scorpione,
sopra il catarro e il colascione della poesia classica,
ho le vertigini, non guardarmi più.
Un giovane impotente e smidollato ti squadra le fiche,
Luna smorta, o sorella,
oggi compunta e avvelenata
dispensatrice di atroci virtù.
(Gian Pietro Lucini)

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