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lunedì 6 aprile 2020

C'ERA UNA VOLTA IL NUCLEO DI EPIDEMIOLOGIA

Un articolo di qualche giorno fa, che però non perde nulla della sua attualità, e che ci mostra come il centro epidemiologico fu smantellato per volontà di Ricciardi, allora presidente dell' Istituto Superiore di Sanità e oggi membro dell'OMS e consulente del Ministro della Salute.


da  https://infosannio.wordpress.com/2020/03/31/il-centro-contro-le-epidemie-fu-rottamato-da-ricciardi/

Il centro contro le epidemie fu rottamato da Ricciardi


(di Laura Margottini – Il Fatto Quotidiano) –
 Essere preparati, rispondere in modo coordinato, potenziare la ricerca e il sistema sanitario: moniti sacrosanti, oggi, che arrivano da ogni ospitata in tv e dagli interventi degli esperti più accreditati. Dimenticando però che l’Italia aveva un sistema funzionante e un centro epidemiologico che avrebbe potuto contribuire a guidare la risposta nazionale all’epidemia già dai primi contagi da Covid-19. E che, invece, è stato smantellato, nel 2016, nel riordino dell’Istituto superiore di sanità (Iss) dall’allora presidente Walter Ricciardi , oggi membro del Comitato consultivo dell’Oms e consulente del ministro della Salute.
Il Centro nazionale di epidemiologia e sorveglianza dell’Iss (Cnesps) nasce nel 2003, ma il primo nucleo risale a fine anni 70 per rispondere a emergenze sanitarie come l’epidemia di colera. É qui che si studiano gli aspetti scientifici della risposta all’influenza aviaria (2005) e alla pandemia influenzale (suina del 2009), per intercettare i primissimi casi, isolarli, individuarne tempestivamente i potenziali contagi e registrare i dati per il monitoraggio dell’epidemia, includendo anche la sorveglianza dei quadri clinici o degli accessi settimanali ai pronto soccorsi.
Dati con i quali è possibile monitorare e stimare il numero di persone infette, la grande incognita del Covid. Il Cnesps contava infatti su una rete di oltre duemila operatori sanitari formati in casa e la gestione dei dati era centralizzata e coordinata. La loro uniformità aiutava a valutare gli scenari di rischio e l’efficacia di misure di contenimento a seconda delle aree geografiche. Un prezioso coordinamento che, secondo chi faceva parte di quella rete, stavolta, è stato più difficile se non assente . “Il Cnesps era la cerniera con le Regioni”, spiegano.
Il Centro era infatti spesso al tavolo del coordinamento interregionale della prevenzione della Conferenza Stato Regioni per discutere insieme protocolli e documenti guida che poi gli enti potevano applicare in modo coordinato per evitare il caos del regionalismo sanitario (ad esempio, in Veneto tamponi a tappeto, in Emilia-Romagna tamponi per nucleo familiare, i mille rivoli strategici della Lombardia, o la politica zero-tampone-ai medici sostenuta dal consulente del governatore Emiliano, in Puglia).
Quando venne smantellato, ci furono molte polemiche. Quotidiano Sanità pubblicò un appello a Ricciardi di circa duemila operatori sanitari per non chiuderlo “visto il ruolo svolto nella prevenzione, sorveglianza e controllo delle malattie infettive”. L’allora direttrice, Stefania Salmaso, a fine del 2015 si dimise. Una parte degli epidemiologici fu smistata in altri reparti dell’Iss quasi che – in linea con una visione riduttiva e datata secondo la letteratura internazionale – l’epidemiologia fosse una disciplina ancillare di altre aree.
“In Italia abbiamo 21 tra Regioni e Province autonome, responsabili della gestione sanitaria locale – spiega Salmaso – Non si può avere un sistema completamente centralizzato, ma neanche è opportuno che di fronte a una pandemia ognuno vada per conto proprio. I colleghi certamente stanno lavorando al massimo, ma si è persa la massa critica e la rete di competenze diffuse sul territorio, necessarie a fronteggiare una crisi del genere. In molti servizi territoriali il personale competente e formato è andato in pensione e non è stato rimpiazzato”.
Il 24 marzo, la stessa Salmaso e, tra gli altri, Paolo Vineis, vice direttore del Consiglio superiore di sanità, e ordinario di Epidemiologia ambientale all’Imperial College di Londra pubblicano un appello sulla rivista Epidemia e Prevenzione: rendere accessibili i dati italiani su Covid-19 per permettere agli epidemiologi di contribuire a combattere l’emergenza. E si invoca l’attivazione delle “competenze epidemiologiche italiane, ora disperse”.
Lo dice anche Ricciardi a Repubblica lo scorso 27 febbraio: “Di epidemiologia di campo ci sono pochi esperti in Italia, non in ogni regione. All’Iss avevamo una grande scuola”. Che però è stata chiusa. La gestione anti-Covid si è così accentrata nella mani della Protezione civile e del comitato tecnico-scientifico del governo, fatto di figure scientifiche di rilievo, ma non nel campo dell’epidemiologia degli outbreak pandemici. L’articolo di Epidemiologia e prevenzione invoca anche il rafforzamento delle indagini epidemiologiche per la ricerca dei contatti e l’isolamento dei contagi, in modo coordinato, nelle Regioni dove la trasmissione è ancora contenuta, ben prima dunque di qualsiasi tracciamento digitale: “É stata la chiave di volta nel contenimento in Corea del Sud”.

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