Dimentichiamoci la Cina dei grandi lavoratori-risparmiatori: gli ultimi dati che riguardano la sua bilancia commerciale potrebbero accelerarne la trasformazione economica e sociale.
A febbraio, il Dragone ha registrato il deficit più alto dal 1989: 31,5 miliardi di dollari, che fanno ancora più effetto se li si confronta con il surplus di gennaio (+27,3 miliardi).
Febbraio è un mese particolare: c’è il capodanno lunare, la gente lavora di meno e consuma di più. Ma i dati anno su anno rendono questo febbraio ancora più singolare: le importazioni sono infatti salite del 39,6 per cento rispetto allo stesso mese del 2011, mentre le esportazioni sono scese del 18,4, toccando quota 114,5 miliardi.
A Pechino sono preoccupati perché il deficit è stato superiore a quanto previsto dagli stessi economisti cinesi, che ipotizzavano un saldo negativo di 8,5 miliardi.
L’aumento del deficit significa che i cinesi stanno “americanizzandosi”? Non ancora.
Secondo gli analisti, a parte la tradizionale festa nazionale, è stata la crisi dell’Europa a rallentare l’export della Cina. Allo stesso tempo, sono però aumentate le importazioni e i prezzi delle materie prime necessarie a mantenere in vita l’apparato industriale.
Così, se gli economisti prevedevano un aumento delle importazioni del 26 e delle esportazioni del 29 per cento, si sono invece ritrovati rispettivamente con un + 39,6 e solo un +18,4 per cento.
È come se Pechino continuasse a pompare benzina (sempre più cara) nel motore di un’automobile che resta ferma in box.
Urge quindi cambiare il modello economico basato sull’export, anche perché le previsioni da qui a un anno dicono che il greggio passerà dagli attuali 106-107 dollari al barile a circa 125. I rincari delle commodities producono inflazione generalizzata e aumentano quindi il rischio di disordini sociali.
Se la Cina vende meno all’estero, deve sperare nella domanda interna. Al tempo stesso, deve però farsi più efficiente dal punto di vista energetico per contenere le importazioni di materie prime. Detto in altre parole, è necessario che la sua economia diventi più moderna: più consumi e più produzione di merci ad alto valore aggiunto. Quindi, più innovazione tecnologica.
Il punto è che dopo la grande crisi, la tradizionale economia “dei galeotti incatenati” – la Cina vende agli Usa (ma anche all’Europa) che si indebitano ed emettono bond, che Pechino ricompra, finanziando di fatto il deficit statunitense e accumulando riserve di valuta nei propri forzieri – non funziona più: la ripresa dell’occupazione negli Stati Uniti è sempre vacillante, quindi non si può fare troppo affidamento sul proverbiale consumismo americano. Le autorità cinesi hanno per altro sempre imputato lo scoppio della bolla finanziaria alla scarsa cautela delle politiche economiche statunitensi, mal celando anche un certo risentimento.
Quanto all’Europa, a Pechino non sanno neppure se continuerà a esistere così come la si conosce. Da sempre, i cinesi criticano la (per loro) incomprensibile vocazione europea a non parlare come voce sola.
Non si può più fare affidamento sugli altri: questa è la grande lezione che la Cina ha imparato dalla crisi.
Se è quindi praticamente certo che la trasformazione dell’economia cinese sia ormai un’urgenza politica – ne va della stessa indipendenza del Dragone – altro discorso è scegliere come questa trasformazione vada gestita. Banca Mondiale e ala neoliberista all’interno del Partito chiedono che lo Stato si faccia almeno parzialmente da parte per lasciare libero corso all’iniziativa privata: la sola – dicono – in grado di garantire competitività ed efficienza.
D’altra parte, la storia economica degli ultimi trent’anni dice anche che la gestione centralizzata ha avuto un ruolo fondamentale nel boom senza precedenti. È l’altra faccia della medaglia rispetto ai baracconi improduttivi e alla corruzione che connotano il capitalismo di Stato. E senza lo Stato, come crei quel welfare che dovrebbe trasformare i cinesi da produttori a consumatori?
Infine c’è la storia-storia, quella di lungo periodo: può l’imperatore non controllare ciò che succede alla periferia dell’impero piuttosto che nei meandri dell’economia? Da qui a ottobre 2012, quando cambierà la leadership cinese, ne capiremo di più.
http://www.eilmensile.it/2012/03/12/la-cina-scopre-il-deficit/
17 commenti:
Imperatore o non imperatore nelle economie capitalistiche (anche se a partito unico e gestione centralizzata come in Cina) è solo il deficit di bilancio che sostiene l'economia interna (ed il welfare, nel caso europeo).
La ricetta del signor Monti e dei suoi banditi, reggicoda della speculazione finanziaria internazionale, è invece funzionale alla rapina delle risorse di una nazione ed all'impoverimento delle classi subalterne.
La politica del pareggio di bilancio è demenziale anche dal punto di vista capitalistico.
Non bisogna scomodare Keines e nemmeno Galbraith junior, basta il buonsenso.
Infatti...è paradossale che mentre se ne accorge la Cina, i nostri tecnici fanno finta artatamente di non saperlo!
Comunque, se la forza delle esportazioni cinesi è proprio il basso costo del lavoro, se si aumenta il welfare per una serie di passaggi logici si deve pensare che le merci cinesi in esportazione verranno a costare di più.
E' vero che il mercato occidentale è in contrazione (dunque lo sono le esportazioni cinesi), ma difficilmente la Cina e tutti i Bric potranno raggiungere gli stessi esiti di introito con il mercato interno.
E credo che a questo punto anche la Cina finirà per dover arrivare ad una conseguenza sola (che peraltro l'articolo ci mostra essere l'oggetto di scontro nel partito), cioè l'accettazione totale e piena del liberismo, snaturandosi dal suo modello economico che non è capitalismo di stato ma capitale che si fa stato, modello che però sinora l'ha garantita vincente in ambito capitalista, perchè alla fine la Cina è una potenza capitalista.
Però, se cresce il welfare giocoforza sale il prezzo nell'export dei manufatti che alla fine è la causa della sua capacità finanziaria odierna e che le ha consentito finora di avere ottime partnership per l'energia, ma anche qua lo scenario che si prospetta dalle parti dell'Iran rende la corsa al petrolio un rischio sempre più grosso di guerra mondiale tra i due blocchi dell'odierna sottaciuta guerra commerciale per i mercati tra Usa e Cina.
Si noti che, a vederla così, all'interno del modello di sviluppo dominante che, come diciamo sempre, è quello insensato della crescita insostenibile, non esistono vie d'uscita.
L'unica possibile è valorizzare il territorio e i beni comuni e in ambito socialista sviluppare la tecnologia solo dove serve ad alleviare la fatica umana e non come in questo modello di sviluppo dove serve per iperprodurre distruggendo il pianeta merci in stra eccedenza.
Ma spesso le cose più di buon senso sono quelle che non si fanno mai, soprattuto in Europa dove sarebbe possibilissimo...
Aggiungo una cosa che avevo omesso.
Ultimamente capita di leggere di proteste operaie in Cina per migliori condizioni di vita, proteste che sostengo e appoggio per quel che posso.
Ma se aumenta il welfare e i lavoratori cominciano a reclamare miglioramenti, le condizioni che hanno reso la Cina un gigante economico (ovvero il bassissimo costo del lavoro e della società, se si pensa anche alla sua enormità territoriale e demografica) vengono meno per cui a livello di equilibrio di poteri mondiale e dunque di pace nel mondo c'è da stare attenti...
Non so.....
Quel che è certo è che, rallentamento o accelerazione delle economie cinesi ed indiane, di questo passo, in pochi anni, il pianeta collassa.
E' impensabile che quei paesi possano anche solo lontanamente continuare un simile sviluppo. Si tratta di 3 miliardi di persone, tra poco la metà del pianeta, che ad una simile crescita lo faranno collassare. Credo che purtroppo non si tratti di future generazioni ma della presente.
Leggetevi il libro di Mercalli, altro che catastrofismo.
Ed è quello che chi ci governa non intende capire. Ed è quello che la lotta al Tav ha portato a galla ed ha fornito di consapevolezza milioni di italiani. Anche se fossero utili le grandi opere, tav in testa, non ce le possiamo permettere, e soprattutto non se le può più permettere il pianeta.
Il futuro a breve dell'umanità e dell'economia è una tale rivoluzione, legata alla scomparsa progressiva delle materie prime, che nessuno oggi è in grado di immaginarla in pieno.
Torneremo presto ad un'economia di sussistenza, anzi di sopravvivenza. Il mondo come lo conosciamo scomparirà.
Dobbiamo mettere in campo nuove categorie di ragionamento e di analisi.
Prepariamoci al ritorno di un'economia localistica, di vicinanza, di relazione stretta coi pochi km in cui viviamo.
Benvenuta e piacere, Patrizia.
Concordo al 99% col tuo commento.
L'1% di discordia sta solo nel fatto che secondo me è teoricamente ancora possibile evitare il boom totale, anche se molto molto difficile soprattutto in quelle aree che, come dici tu, sono assai popolose e in gran espansione industriale per cui hanno un consumo di materie prime spropositato e là credo che sia assai difficile (ovvio anche più di qua) invertire la tendenza.
Ma spero sempre in una presa di coscienza delle masse locali in tempi ragionevoli, anche se appunto siamo ad un bivio con la barbarie e su una strada che pende molto verso di essa.
Caldeggio in particolare del tuo discorso la questione finale del chilometro zero, che è qualcosa che già alcuni stanno tentando, come i Gruppi Acquisto Solidale.
Patrizia è mia moglie che si è trovata aperta la pagina sul mio computer ed ha commentato. Ma non temete, non credo succederà più, non è una da blog, purtroppo.
Ha comunque ragione, ormai non è più questione di chi produrrà di più e di chi possiederà il debito di chi.
Il capitalismo sta andando incontro ad una crisi permanente, ovvero sistemica e non ciclica.
La cosa drammatica saranno le catastrofi immani che accompagneranno il suo crollo.
E non è la profezia di un comunista da manuale, ma la constatazione che il sistema ormai s'è spezzato, soprattutto per la sua incapacità di autolimitarsi. Ed il primo settore a crollare è quello europeo, quello nel quale il capitalismo ha provato, costretto dalle lotte del '900, a temperarsi ed a darsi delle regole. Stato sociale e tentativo di essere compatibile col pianeta sono state le scommesse perse dell'etica calvinista. Si capisce ora in pieno ciò che pensava Marx negli ultimi anni della sua vita, quando immaginava che il capitalismo avrebbe divorato se stesso. Pensare di crescere indefinitamente in un pianeta finito è una cosa demenziale. Cosa in cui è cascato pure il comunismo del 900, con la competizione forsennata col capitalismo.
Il pianeta non ci sopporta più, e poco gli importa se sarà il socialismo a trionfare. Trionferà sulle rovine della specie umana che sarà riuscita in 3 secoli a distruggere se stessa.
La specie umana, se non si arresta, verrà arrestata dal pianeta.
C''è bisogno di nuove e consapevoli generazioni, illuminate e lungimiranti, di cui però non si vede all'orizzonte nemmeno il primo nato. Siamo sull'orlo di un abisso e continuiamo a correvi incontro ciecamente sempre più rapidamente.
In questo senso il Tav ne è drammaticamente il paradigma e l'esempio.
Voglio dire che è una questione di massa critica. Superata una tale soglia tornare indietro sarà impossibile. Ed a poco varranno i nostri comportamenti virtuosi, annegati nella gran massa di chi sarà invece terrorizzato e si accorgerà, un minuto prima della catastrofe, che non c'è più tempo. Paesi come la Danimarca, che stanno furiosamente e velocemente tentando la retromarcia, verranno seppelliti. Andate in Danimarca, saranno le vacanze migliori che potete fare. Là c'è gente consapevole, come dice Brunaccio. Ma quanti sono i danesi? Per non mettere delle toppe ma per ricostruire seriamente ci vogliono nuove generazioni, e si deve cominciare dalla nascita.
Ieri ho visto entrare nel mio Parco una coppia con un bambino piccolo che invece di pedalare stava allegramente seduto su una macchinina elettrica. Aveva 3 o 4 anni. Ho pensato tristemente che abbiamo davvero poche possibilità.
Noto con piacere che la discussione ferve.
Potrei creare una decina di account google fittizi, così da esercitarmi nello sdoppiamento (o sdecuplicamento) della personalità.
SONO BRUNACCIO.
Sì, è vero Ilic, è molto difficile portare avanti discussioni se nessuno interviene...
Noto con dispiacere che il senso dell'umorismo latita. perciò faccio mio quello che mi scrive un compagno da Mosca che però non può pubblicare qui da voi perchè ha notato che cancellate i commenti, così come quello inglese di prima, il tedesco, ed il cinese.
Я думаю, вам не мешало бы взять себе чуть менее серьезно.
SONO BRUNACCIO.
Ilic, ho cancellato io :-)
Mi pareva spam e temevo che magari potesse inibire ancor più la lettura.
Mi dispiace non aver capito lo scherzo, evidentemente oggi non sono in vena!
C'era scritto in varie lingue che il blog è molto seguito sia in Nuova Zelanda, che in Germania ed adddirittura in Cina. Anzi il blogger cinese, capo delll'Ufficio Controllo Siti Stranieri presso il Soviet Supremo del Comitato Centrale del Partito Comunista Cinese, aggiungeva che il comunismo cinese trionferà presto su tutto il mondo e che noi ratti capitalisti occidentali verremo presto sterminati. Perciò hai fatto bene a cancellare, specie il commento cinese, non sia mai che ci dichiarano guerra.....Anzi qui sotto aggiungo le nostre riverenti scuse, mie e del blog, per aver osato pubblicare un post offensivo dello stato socialista cinese, sol dell'avvenire e quant'altro.
親愛的中國控制器,我們深表歉意,因得罪了。我們所有的共產黨人,以及你,偉大的國家,它已經對共產主義和執政為民的勝利。
Per il maresciallo della polizia Panunzio, che certamente ci legge con occhiuta attenzione, fornisco qui di seguito la traduzione, onde risparmiargli la fatica di scomodare mezza questura di Torino per capire cosa cazzo dicono sti comunisti di merda:
"Caro controllore cinese, ci scusiamo per avervi offesi. Noi siamo tutti comunisti, così come voi, grande nazione dove ha già trionfato il comunismo e dove governa il popolo."
Secondo me il maresciallo si è messo già alla ricerca dell'IP del computer cinese... :-)
Brunaccio.
Mi faccio inoltre portatore di un'altra missiva testè ricevuta da un corrispondente libico, che pubblico volentieri:
الرفاق الأعزاء. عظيم بلوق الخاص بك، حتى يقرأها لنا الليبيين، الذي كما تعلمون نحن للتوالثورة. الآن، بتوجيه من الرئيس أوباما الجديدة لدينا، لا يمكننا التمتع أخيرا فوائد الغربية، وليس أقلها فائدة ذلك حتى الآن، في ظل سيادة قاتمة من العقيد القذافي، وخاصة: انعدام الأمنالوظيفي. إلى مستوحى التي كتبها بلوق الخاص بك. أخيرا ونحن أيضا الحديث.
Sempre per il maresciallo di cui sopra ecco qui di seguito la fedele traduzione
"Cari compagni. Grande il vostro blog, lo leggiamo persino noi libici, che come ben sapete abbiamo appena fatto la rivoluzione. Ora, con la guida del nostro nuovo presidente Obama, possiamo finalmente godere dei vantaggi occidentali, Non ultimo un beneficio di cui sino ad oggi, sotto il bieco dominio del colonnello Gheddafi, eravamo privati: il precariato. A cui si ispira il vostro blog. Finalmente anche noi siamo moderni."
Persino in Georgia ci leggono, e commentano pure, visto che successo?
ძვირფასო თანამებრძოლები, დაიბადა იმ მიწაზე, სადაც ჩვენი პატარა მამა, ამხანაგ სტალინის ლიდერმა, ხალხის და ტერორი ოსტატები, თბილი მისალოცი, ვინც წაიკითხა ინტერესით. ინტერნაციონალიზმის Viva, Viva ინტერნეტი და კიდევ Facebook.
Per Panunzio:
"Cari compagni, dalla terra in cui nacque il nostro piccolo padre, il compagno Stalin, guida dei popoli e terrore dei padroni, un caro saluto da chi vi legge con interesse. Viva l'internazionalismo, viva internet ed anche Facebook."
Mi sa che il libico ha capito che noi siamo precari united perchè vogliamo la diffusione della precarietà nel mondo!
Deve essere che conoscono il teorema Monti sulla noia del posto fisso pure loro!
E vedi che già dai tempi di Gheddafi hanno fatto tanti passi avanti!!! ;-)
Oi, mi devo staccare, ci sentiamo!!!
Ovvio ero Brunaccio
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