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lunedì 6 agosto 2012

SENIGALLIA. NO AI TAGLI AL SOSTEGNO PER I DISABILI!

IL COMUNE DI SENIGALLIA STA VIVENDO LE VICENDE DEL DRAMMATICO TAGLIO AL SOSTEGNO PER LE FAMIGLIE DEI DISABILI, CHE HA ANCHE COMPORTATO GROSSI PROBLEMI PER I LAVORATORI DELLA COOPERATIVA H MUTA CHE GESTIVANO IL SERVIZIO.
DAVANTI ALLE PROTESTE, IL COMUNE, RIUNITO A PORTE CHIUSE COI GENITORI, HA PROMESSO IL RIPRISTINO DELL'ASSISTENZA AI SOLI 'CASI PIU' GRAVI' PER POI RIPARLARNE (...) A SETTEMBRE.
TUTTO QUESTO E' TROPPO POCO!
OGGI ALLE 18,30 IN PIAZZA ROMA MANIFESTAZIONE DELLE FAMIGLIE.
INTERVENIAMO NUMEROSI CHI PUO'!
AGGIUNGO UNA BELLISSIMA INTERVISTA AD UN GENITORE, CONTENTE I RIMANDI ALL'APPROFONDIMENTO DELLA VICENDA..
http://www.senigallianotizie.it/1327322265/il-nostro-mondo-e-sconosciuto-ai-piu-intervista-ad-un-genitore-con-figlio-disabile

“Il nostro mondo è sconosciuto ai più”: intervista ad un genitore con figlio disabile
Disabile e famiglia? Un binomio inscindibile. "Noi i primi 'specialisti', senza risorse e senza visibilità"

 
Quella di seguito è un’intervista ad un genitore di un figlio disabile. Un genitore che si è rivolto a SenigalliaNotizie.it per far passare all’opinione pubblica la situazione di emergenza permanente che vivono le famiglie e le condizioni che si trovano ad affrontare i nuclei familiari senigalliesi dopo l’incontro a porte chiuse tenutosi alla chiesa dei Cancelli per discutere del servizio di assistenza domiciliare.
- Sindaco, assessore e dirigente hanno sentito le Vostre ragioni, rimostranze, proposte. Soddisfatti?
- E’ la soddisfazione del bicchiere mezzo pieno, mezzo vuoto. Ci hanno chiesto scusa. Però non possiamo dare ai nostri figli delle chiacchiere, che rischiano di far vedere il dito e nascondere la luna.
- Tradotto, cosa significa?
- Il mondo del genitore di un disabile è sconosciuto ai più. Come una conchiglia sigillata. E, come in ogni conchiglia c’è una perla, così per noi ogni figlio, anche se limitato, è pur sempre una perla, un essere unico e irripetibile. Il disabile porta in sé una carica umana, una ricchezza, una miniera ancora tutta da scoprire.
- Spieghi meglio, per cortesia.
- Medici, psichiatri, assistenti sociali, si accostano ai nostri figli come professionisti e noi valorizziamo il loro sostegno e competenza. Ma per loro si tratta di “utenti“, “casi“, “soggetti/oggetti di studio” (e anche di ricerca), quindi li studiano, analizzano, stilano tabelle, ma rimangono alla loro circonferenza. Non hanno strumenti per misurare il loro mondo interiore di emozioni, sentimenti, affetti. In tutti gli istituti ci è stato detto, che i primi “specialisti” siamo noi genitori. Se è inaccessibile l’universo del disabile, lo è anche quello dei loro genitori. Come fa un medico a rendersi conto di quello che soffre una madre, la cui maternità è rimasta “incompiuta”, non realizzata in pieno? Come farà a curare questa “ferita esistenziale”, che non si rimarginerà mai? Per trattare con noi ci vuole una professionalità “umana” oltre che tecnica e scientifica, perché è come entrare nel santuario, nelle vene di un dolore talmente profondo, che arriva alle radici dell’esistenza. Ogni genitore non vuole il meglio per suo figlio? E chi non è riuscito, per mille motivi, a dargli la salute, efficienza, autonomia? Amministratori ed operatori sociali non possono non tener presente che, chi viene messo alla prova dalla vita, diventa più sensibile e anche, talvolta, suscettibile…
- L’amministrazione cosa avrebbe dovuto fare?
- Il sindaco dice che il suo stile di governo è di partecipazione democratica. Perché si decide a dialogare con noi dopo un mese e mezzo? Sono aumentati gli utenti, da 126 a 139? Che fa un buon padre di famiglia? Cerca altre risorse, ricorre ad un’economia più oculata, creativa. Non si fa così per il Summer Jamboree per il quale sono già raddoppiati i finanziamenti per l’anno prossimo? Non si è finanziato il Cater Raduno? I fuochi d’artificio, le 136 manifestazioni, gli orti per la Cesanella?
- E stato ribadito che le risorse non sono infinite, che per i servizi sociali si spendono 5 milioni l’anno, di cui uno e più per i disabili. Non è poco, vero?
- Ma il sindaco ha dimenticato altre cospicue entrate: multe, posteggi, concessioni d’ogni tipo, tasse varie, ecc. La legge 104 taglia la testa al toro: “Le situazioni di gravità determinano priorità nei programmi e negli interventi dei servizi pubblici” (art. 3,4).
- Non potete negare l’emergenza economica…
- Assolutamente. Ma il genitore del disabile vive in “situazione di emergenza permanente“, con l’ossigeno in casa per l’apnea notturna, con il sondino, con il 118 a portata di mano. Convive 24 ore su 24 con il suo problema, che spesso diventa cruccio, dolore accumulato, notti insonni. Non c’è sabato né domenica, né Natale né Pasqua… sempre, sempre con il figlio, che reclama attenzione, affetto, premure, medicine, visite, controlli; deve essere imboccato, cambiato, sollevato, portato a scuola, alla fisioterapia, in piscina, all’ippoterapia… Mio figlio è un utente della Lega del filo d’oro, la quale ha un ufficio SOLO per la raccolta fondi. L’entrata più cospicua non è la retta giornaliera (circa 300,00 euro), ma le donazioni, lasciti, offerte, “l’obolo della vedova“. Qualora si rendesse necessario i cittadini di Senigallia, le molteplici associazioni si negherebbero di dare una mano e non solo in termini economici? Lo prevede la legge 104: “Il servizio di aiuto personale (…) può avvalersi dell’opera aggiuntiva di (…) cittadini di età superiore ai 18 anni che facciano richiesta di prestare attività volontaria, organizzazioni di volontariato” (art. 9, 2). E poi, se necessario, potremmo fare uno stand per raccolta fondi; i nostri cuochi eccellenti non ci negherebbero una serata gastronomica speciale alla Rotonda; e perché no una serata in onore dei nostri figli? Il problema di fondo è un altro: la visibilità. Per una società fatta di pregiudizi il disabile non sta bene in una città turistica, meglio proteggerlo, nasconderlo… E così si alimenta l’immaginario popolare. “I figli sani non capiscono, si spaventano“. Ed invece sono quelli che affrontano la cosa con maggior semplicità, serenità. Sì, certo, fanno mille domande imbarazzanti, ma mio figlio è conteso dai suoi compagni di scuola, che fanno a gara per spingere la carrozzina, fargli una carezza, dargli un bacino, cantargli le sue canzoncine preferite, imitare i versi degli animali.
- Torniamo alla legge 104, quella che regola questa materia.
- Una legge eccellente non sempre applicata integralmente. Per essa il disabile e la sua famiglia sono un binomio inscindibile, perché la salute, dignità, benessere dei due soggetti vanno di pari passo.
- Veniamo alle ore di assistenza.
- La legge stabilisce che l’unico competente è l’autorità sanitaria, non il politico né l’amministratore pubblico.”Gli accertamenti relativi alla minorazione, alle difficoltà, alla necessità dell’intervento assistenziale (…) sono effettuati dalle unità sanitarie locali mediante le commissioni mediche” (art. 4).
- Cosa direbbe a chi afferma di conoscere bene la vostra situazione?
- Non ce la facciamo noi genitori… Quante volte, la mattina presto, sulla spiaggia deserta, chiudo gli occhi per tentare di immedesimarmi in mio figlio/non/vedente per immaginare: cosa prova, cosa sente, cosa passa dentro di lui che vive dietro la barriera del buio? Impossibile capire, impossibile immedesimarsi…
- E allora?
- Per vincere la tristezza lo porto alla stazione, faccio il tifo con lui per i treni, andiamo a Fano e torniamo, canto per strada, lo abbraccio e riempio di baci… Chi non sta male quando una madre la fa finita insieme al figlio disabile? Oggi né la giudico tanto meno la condanno, perché la disperazione può portare a gesti estremi. Ma dove sono i vescovi, i parroci, i cattolici “impegnati” a prevenire l’irreparabile? Tra una processione e l’altra non potrebbero organizzare una festa cittadina per “celebrare” i nostri figli crocifissi dalla disabilità?
- E la stampa cattolica, Voce Misena ha fatto da altoparlante alle vostre difficoltà?
- Afona… eppure non dovrebbe essere la “voce di chi non ha voce“?
- Nella replica il sindaco ha parlato di rischio di “banalizzazione”. Secondo lei a che cosa si riferiva?
- Forse alla mia provocazione, che ritengo una proposta. Per dare un minimo di visibilità ai nostri figli non sarebbe augurabile inserire tra le 136 manifestazioni turistiche la giornata del disabile con il supporto dei clown, di qualche scuola di ballo, che organizzi la “danza delle carrozzine”? Non sarebbe bello vedere sindaco e assessori spingere una carrozzina nel corso due Giugno? Un gesto che vale più di mille tagli di nastri tricolori?


da Alberto Marinetti (scrittore e giornalista)

Allegati
Senza assistenza domiciliare, protestano a Senigallia le famiglie dei disabiliSenigallia, ripristinato il servizio estivo di assistenza solo ai disabili gravi

12 commenti:

Massimo Campus ha detto...

Lo stato sociale è un "lusso" che il sistema capitalista non intende più permettersi e permetterci. Nell'epoca della società dei produttori bisognava tenere in forma, curare,istruire e nutrire adeguatamente l'esercito di riserva da impiegare eventualmente nelle fabbriche, negli opifici, nelle guerre. I padroni dovettero piegare il collo a questa necessità. Oggi, nella società dei consumatori, essere poveri (materialmente o spiritualmente)è nuovamente tornato ad essere un reato, una colpa. Oggi i poveri non sono più un investimento razionale ma una passività permanente. Perciò chi non è in grado di arrangiarsi, con la forza del denaro, viene abbandonato a se stesso senza alcuna vergogna e pietà. E' una teoria economica, mica chiacchiere. Sposata ovunque dalla cosiddetta sinistra, a partire da quella blairiana a cui tanto si ispirarono e si ispirano tutt'oggi il PD ed i loro tirapiedi. Se non hai sufficiente denaro per partecipare al banchetto, per il moderno capitale transnazionale sei un soggetto non solo privo di interesse, ma anche pericoloso. Da criminalizzare e tenere ai margini. Gli Stati nazionali, che furono gli artefici (per conto dei padroni) della costruzione dello stato sociale, oggi sono (anche volendo) del tutto disarmati. Non hanno più il monopolio della forza, perchè il capitale e la società, come dice Bauman, sono liquidi, impalpabili. Il potere finanziario, quello che governa, non ha più bisogno della politica e la politica non ha più il potere.
E' evidente che dalle analisi sociologiche si può e si deve scendere a quelle politiche. E' evidente che lo Stato, anche se privo di ogni potere reale, può e deve intervenire: nel loro linguaggio si chiamerebbe allocazione delle risorse. Che ci sono, basta destinarle in modo giusto.
Ma ritorno a quanto dicevo sopra con una domanda: a loro interessa assistere chi ne ha bisogno, i soggetti più deboli, le fasce sociali portatrici di disagio? La risposta è NO. Coma diceva la Tatcher, una vera esperta in materia, "non esiste lo stato sociale, esistono solo individui e famiglie". I quali, per l'appunto, si arrangiano, magari assistiti, se si comportano bene, da qualche parrocchia o qualche agenzia di volontariato privata. Che oggi sono, piaccia o meno (e lo dice uno che fa parte di Emergency) la vera foglia di fico di questo potere, la cinghia di trasmissione dello sfruttamento. Il problema dei poveri, dei disagiati, detto in altre parole, una volta era visto come "questione sociale", oggi come questione d'ordine pubblico. Qualche sociologo inglese ha coniato il termine underclass, sottoclasse, che mi pare del tutto azzeccato. Una classe sociale è riconosciuta in un sistema statale, una sottoclasse è mantenuta ai margini. I poveri oggi sono da sorvegliare e controllare, perchè scompaginano la festa e sono una zavorra di cui liberarsi.

Anonimo ha detto...

SONO BRUNACCIO.

Riflessione azzeccatissima, Ilic.
E, grazie a questo modello, c'è il business della sussidiarietà, in special modo per le organizzazioni religiose...

Anonimo ha detto...

oggi leggevo un comunicato di chi amministra la nostra città, diceva che invece siamo fortunati, perchè altri comuni hanno fatto tagli più pesanti, noi rimaniamo sempre un'eccellenza...ma le pensano proprio loro queste puttanate o gliele suggerisce topo gigio? ma come? insomma per stare tranquilli dobbiamo guardare sempre chi sta peggio? è così che cresce una società? è così che sviluppiamo la civiltà? il compromesso al ribasso non passa mai di moda..djordj

Anonimo ha detto...

SONO BRUNACCIO.

Ieri ho partecipato alla manifestazione solo in parte perchè poi sono dovuto andare al lavoro, ma dico che è stato qualcosa di toccante: una sottoclasse (per riprendere l'interessante concetto di Ilic) che tenta di reagire al ruolo di impotenza alla quale la vogliono confinare.
Per chi vuole saperne di più, qua un bell'articolo.
http://www.senigallianotizie.it/1327322363/senigallia-i-genitori-dei-ragazzi-disabili-protestano-in-corteo

Vorrei spendere due parole sulla solita solfa della giunta per cui non si possono tagliare eventi spettacolari perchè incrementano una (disastrosa) stagione generando posti di lavoro.
Se questo è vero per eventi lunghi e di richiamo come il Catterraduno, la Festa della Musica e anche per il (pessimo e malfrequentato) Summer Jamboree, non si può dire lo stesso per le Frecce Tricolori.
Un evento di poche ore inserito in un calendario già ricco non incrementa affatto i posti di lavoro (un pomeriggio di lavoro non è un posto di lavoro) ma serve solo a far arricchire i titolari dei bar o delle pizzerie.
Ecco, si potevano tagliare le Frecce: qualche soldo in meno ai privati, una spesa pubblica minore e un servizio mantenuto.

Massimo Campus ha detto...

E' la parabola del giardiniere. Il buon giardiniere vorrebbe avere sempre il giardino perfetto: esso deve rispondere al suo canone estetico od a come egli pensa debba essere l'aspetto di un bel giardino. Perciò se egli ha stabilito che in quel determinato settore debbano crescere solo rose, ed in quell'altro solo piante grasse, tenderà ad estirpare tutto ciò che disturba il suo concetto di giardino ordinato, persino le orchidee, se nate nel luogo sbagliato. Così l'underclass è una specie umana che va estirpata, come le erbacce, perchè inutile al processo di accumulo del capitale o meglio ancora perchè incapace di modernità. In un'economia di produzione e riproduzione l'underclass non potrebbe esistere, e difatti il capitalismo ottocentesco era obbligato, suo malgrado, a trasformare il sottoproletariato in proletariato, non foss'altro che per mantenere in forma il famoso esercito di riserva. Le crisi di sovraffollamento umano, generate dall'impetuosa crescita tecnologica ed industriale venivano risolte esportando i poveri in sovrappiù in terre vergini, nuovi territori da mettere a coltura. Il problema del sovraffollamento non si è mai posto sino alla fine dell'800: avere tanti esseri umani sul proprio territorio equivaleva ad avere una grossa forza industriale e militare. Una parte veniva tenuta di riserva, gli altri esportati. Ora qualunque padrone, nell'epoca della globalizzazione, non ha più bisogno di esportare il sovrappiù umano, esporta la produzione dove è maggiore la massimizzazione del profitto.
E così, per venire a noi, che volete mai che importi, caro Djordj, al potere etereo dell'epoca attuale (liquido, direbbe Bauman), dei poveri e dei disagiati? Per esso povertà e disagio sono un reato, o tuttalpiù un peso insostenibile.

Massimo Campus ha detto...

Lo Stato finisce per diventare quel che Marx prevedeva: il cane da guardia della modernità finanziaria e mercantile, il secondino e il poliziotto della devianza sociale. Povertà e disabilità sono devianza e non rientrano nei calcoli di sostenibilità del sistema attuale.Perciò è ovvio, caro Brunaccio, che è molto meglio riempire il cielo di frecce tricolori che creare lavoro vero o curare i disabili. Il lavoro, il senso di sicurezza che da esso deriva, è un ricordo di decenni orsono: oggi governa l'insicurezza, alla quale bisogna (Chiesa, potere politico od economico)dare risposta e fornire rimedio.
E non è nemmeno detto che si verifichi ciò che alcuni sciocchi rivoluzionari da salotto di oggi si augurano: aumentare le contraddizioni del sistema sino a spingerle al limite di rottura, tale da scatenare l'istinto di rivoluzione delle classi subalterne. La strategia dell'epoca moderna è quella di coltivare l'incertezza e la paura. Lo Stato diventa perciò un impianto di creazione, gestione, miscelazione e riciclaggio della paura e dell'incertezza. Dove sono difatti le masse che si ribellano? Ai più è stato fatto credere che è ben meglio essere asserviti e rinunciare a consistenti quote di libertà in cambio di un ordine (anche se illiberale) che li affranchi dall'incertezza e dalla paura. Così fu per il popolo tedesco degli anni '30 del secolo scorso, a cui fu fatto facilmente ingoiare lo sterminio dei disabili, dei pazzi e dei malati incurabili in nome di un più alto benessere materiale e della sicurezza sociale ed individuale. In questo senso, seppur ancora empiricamente ed in modo imperfetto, lo stato nazista ed il suo capo Hitler furono prima di tutto degli innovatori dispensatori di certezze e di sicurezza. Oggi avrebbero fatto di meglio sicuramente, non avendo più nemmeno a contrastarli Stati-nazione solidi e strutturati, preoccupati non già del portato criminale della politica nazista, ma del pericolo territoriale insito nel suo lebensraum. In un'epoca eterea ed impalpabile come l'attuale è fondamentale coltivare la paura, perchè per governare le classi subalterne e le sottoclassi non ci sono più terre vergini dove esportarli; bisogna colonizzare i loro corpi e senza, possibilmente, l'uso della costrizione violenta. Basta in fin dei conti un pò di olimpiadi e di calcio. O meglio ancora un nuovo ipermercato.ximuldi 36

Massimo Campus ha detto...

Rispetto al problema dell'assistenza ai disabili occorre integrare cominciando con una domanda: l'affare disabili rende o non rende? Non è cinismo ma un semplice osservare i fatti.
Che incidentalmente, dico incidentalmente, i disabili siano esseri umani poco interessa alla società mercantile di consumatori in cui viviamo. Il disabile può essere "messo a coltura"? Rende denaro, insomma, si o no? Se la risposta è no si tratta di un affare marginale se non dispendioso, perciò tanto vale abbandonarlo a se stesso.
Così come nella società fordista e prefordista l'incessante ricerca di "terre vergini" da sfruttare e mettere a coltura era la prima attività di ogni buon capitalista e dei suoi uffici ricerca, così nella società odierna, esauriti i luoghi fisici dove esportare la produzione, la popolazione in eccesso o gli eccessi di produzione (tramite le guerre che bruciano risorse e distruggono per ricostruire), occorre inventarsi terre vergini "virtuali". Nel campo della sanità la rivoluzione è in atto da almeno 10 anni. I laboratori della multinazionali mediche e farmaceutiche sono alla continua ricerca di nuove malattie, disfunzioni, distonie fisiche e mentali di cui nessuno sinora s'era accorto (e di cui nessuno soffriva). Individuata l'ultima si apre il campo per lo sfruttamento. Devono innanzitutto creare il bisogno che non c'era, ovvero la paura e l'ansia per la nuova malattia che non c'era (e non c'è).
La risposta è già pronta, basta fabbricare la domanda. Un tempo i ciarlatani che battevano i mercati con bottiglie di pozioni miracolose sbraitavano "La medicina che dà una risposta ad ogni domanda, eccola qui! Solo 10 scudi e sarà tua!". Oggi le case farmaceutiche fabbricano le risposte (il nuovo miracoloso unguento contro.... le ciglia troppo corte ) e poi pagano gli "scienziati" perchè si inventino una nuova patologia legata alle ciglia corte. Ecco creato il nuovo mercato, la nuova terra vergine.

La disabilità alla luce di quanto sopra, frutta denaro? Od è solo un costo per la società....
E' ovvio, per quanto riguarda i disabili di Senigallia, che al Comune basterebbe, che so io, spegnere una lampadina per le strade notturne ogni 10, oppure aumentare i ridicoli affitti per gli stabilimenti balneari, o meglio ancora scatenare un giorno al mese i vigili urbani a bastonare le auto in doppia fila.... Ma no. Non è questione di scontentare i nottambuli, i bagnini o gli autisti d'auto. Non crediate che sia così.
E' che la modernità non tollera più chi è fuori dal mazzo, chi è marginale per il processo di produzione/riproduzione/consumo.
E la cosiddetta sinistra di ispirazione socialdemocratica è la prima ad allinearsi.

Anonimo ha detto...

SONO BRUNACCIO.

Caro Ilic, sulla scia di Baumann -sul quale, come dicevamo al telefono, dovremo tornare...ma questa è altra storia- hai svolto una serie di ottime riflessioni.
Io credo che i problemi cruciali che porti dovrebbero porseli quelli di SEL di Senigallia, che, per chi non lo sa, qua è al governo.
Alcuni di loro li conosco e non esito a dire che sono ottime persone e compagni in buona fede.
Il fatto è che secondo me sono legati ad un'analisi novecentesca: pensano ancora all'unità della triplice sindacale come un bene, alla possibilità di fare opposizione interna da sinistra, alla compatibilità di sistema e poter far diventare legge le istanze della base governando col PD, che secondo me in questa fase del liberismo internazionale sono favole.
Alcune cose buone qua le hanno fatte, ma sono sempre punti non incidenti su quella che deve essere una visione complessiva generale antagonista ai diktat del neoliberismo e che proprio dai territori e dalle amministrazioni locali, peraltro le più toccate dai provvedimenti di Monti per conto della Trojka, e dai beni comuni (e la socialità per e con questi ragazzi è nè più nè meno che un bene comune, proprio come l'acqua, i territori, la cultura) potrebbe farsi realtà, ma non in questo modo.
Certo, parlare da fuori è facile, ma casi come questi sono punti nodali enormi, che, in vista delle politiche future, partendo da Senigallia non possono rimanere inevasi.

Massimo Campus ha detto...

Beh, costoro assomigliano molto ai pesci rossi (?) nella boccia di cristallo: convinti che il mondo sia tutto all'interno dell'acquario vedono ciò che sta fuori con la lente deformante dell'acqua che si frappone tra loro e ciò che osservano.
Eppure i segnali, nemmeno troppo nascosti, sono sotto gli occhi di tutti.
La politica della cosiddetta sinistra odierna assomiglia molto alla figura di Totò nel film Siamo uomini o caporali. Chi è il caporale? Il grado più infimo nella gerarchia militare, quello che sta appena sopra il soldato semplice. Eppure con quel grado già si sente un generale, e da mansueto fante di trincea che era il giorno prima si trasforma nel peggiore dei tangheri. Totò dice che la divisa obnubila le menti, ed ha ragione. Per quelli di Sel vale lo stesso ragionamento. La politica di piccolo cabotaggio, la seppur piccola posizione di potere che rivestono in quella giunta è pur sempre meglio di nulla. Si diventa così ingranaggio, se non cinghia di trasmissione, di un sistema barbaro di governo, insensibile, crudele, che batte la sella (i disabili) per non battere il cavallo. Ma si badi bene: non è che non si VUOLE battere il cavallo. Il non volere denoterebbe il calcolo, la malafede, financo l'interesse personale, intelligenza. No. E ' che non POSSONO battere il cavallo. Perchè si tratterebbe di ritornare in mare aperto, di fare i conti col potere, di ritornare a studiare, a reinventarsi una politica. Ed una volta seduti sulla poltrona è difficile tornare per terra.
C'è poi lo scarso od inesistente appeal che oggi hanno tutti coloro che anche lontanamente derivano dalla storia comunista. Fare i duri, uscire dalla giunta, andare nelle piazze, non renderebbe nulla elettoralmente. Ed è ovvio che se la politica è ormai solo autoreferenzialità e campagne elettorali ogni altra considerazione passa in secondo piano. Il loro capo, peraltro, è stato più lealista del re, lanciando, salvo poi rimangiarsela, una bella alleanza con Casini.
Viene davvero da sposare in pieno quella scritta che qui a Torino campeggia su uno dei ponti che scavalcano il Po: Sempre al largo.
Che non significa disinteresse, naturalmente. Ma che descrive anche bene come i tempi siano cambiati: non vogliamo più partecipare (la libertà è partecipazione, diceva Gaber...) vogliamo essere artefici e non ci facciamo più rappresentare da nessuno.
Chi l'ha detto infine che la democrazia non può esprimersi diversamente che tramite la delega? Lo stato/nazione sta implodendo non solo come entità territoriale (privato com'è di ogni reale potere politico e di interdizione e ridotto a fare lo stato/carabiniere) ma anche come figura storica. L'imporsi sulla scena sociale (e politica) delle comunità non può essere vista come chiusura e pulsione all'isolamento, ma come l'unica salvezza raccomandabile per l'umanità. Democrazia orizzontale contro democrazia verticale, costruzione diretta e non partecipata. In fin dei conti Negri, nel suo Imperium, non aveva poi tutti i torti quando sviluppava la teoria delle moltitudini.

Con le chiacchiere non si cambia il mondo, diranno quelli di Sel. D'accordo, ma se non si pensa e non si prova ad elaborare altro, se non si prova a ribaltare il punto di vista, si finisce solamente per fare il servo sciocco, che prima o poi verrà licenziato dal padrone quando non avrà più bisogno di lui.
Freud diceva che la società umana non è possibile senza coercizione: Ribaltiamolo e diciamo che il governo della società umana dovrà diventare impossibile senza che ognuno si senta e sia attore del proprio destino.

Anonimo ha detto...

Come non essere d'accordo?
Noi infatti spingiamo per il bilancio partecipato e lo abbiamo ribadito anche ieri perchè ci sembra il primo passo minimo verso una ripresa dal basso e dal locale delle proprie sorti (contro la rappresentanza per come si è ridotta, come dici bene) e prima o poi questi nodi gordiani verranno al pettine.

Fuor di politica in senso stretto (ma è politica anche questa), leggete questo articolo di un genitore che ringrazia la cittadinanza, è molto bello e forse in qualche modo esemplifica e trasmette alcuni concetti in modo semplice e popolare.

http://www.senigallianotizie.it/1327322394/e-dopo-la-manifestazione-delle-famiglie-dei-disabili-senigalliesi-grazie

Anonimo ha detto...

ero Brunaccio.

Anonimo ha detto...

Arvùltura: “Sul sociale non si taglia”
Lo spazio autogestito interviene a favore del 'Comitato famiglie disabili'

“Non ci sono i soldi“. E’ questo il leitmotiv contro il quale si scontra ogni richiesta dei cittadini che si organizzano per rivendicare dei diritti, spesso elementari.

Quando abbiamo detto di investire sulle case popolari o di riqualificare il patrimonio sfitto, di non svendere il patrimonio pubblico o di aumentare i fondi per le politiche di sostegno al lavoro, la risposta è sempre stata la stessa: “non ci sono i soldi“.

Questa è anche la risposta che l’Amministrazione Comunale ha dato alle famiglie dei disabili alle quali ha improvvisamente tagliato i servizi.

E’ vero, i soldi non ci sono e questa non è una colpa dei Comuni, ma delle politiche europee fondate sui tagli allo stato sociale. Ad applicare queste politiche economiche in Italia è il Governo Monti.

Un’Amministrazione Comunale in questa situazione ha due scelte, o diventare mera esecutrice di decisioni altrui o schierarsi con i propri cittadini. I soldi sono pochi, la coperta è corta, ma decidere da che parte tirare questa coperta, cioè a chi erogare i soldi, dipende tutto dalla volontà politica e non dai tecnici che ci governano.

I Comuni, oggi, sono strumenti per la traduzione sul piano locale di politiche di rigore che hanno come unico risultato l’impoverimento di tutti noi. Se la Giunta Mangialardi non vuole essere un semplice esecutore, a nostro avviso, dovrebbe aprire il bilancio comunale alla città, confrontarsi con le parti sociali, con i suoi abitanti e farlo prima di approvare un bilancio e non dopo.

E’ necessario che le politiche economiche comunali siano sottratte all’esclusivo ed escludente sapere dei tecnici e dirigenti per essere invece il risultato di una gestione partecipata, cioè essere oggetto di discussione politica pubblica. Serve un Consiglio Comunale Aperto che inviti la città a discutere del prossimo bilancio e quindi a poter decidere dove si taglia e dove no. Sui servizi pubblici, sociali, sull’istruzione e sulla salute, va posta una rigidità tutta politica, affermando: “qui non si può tagliare”.

Come Spazio Comune Autogestito Arvultùra, lunedì siamo scesi in piazza affianco del “Comitato Famiglie Disabili“, portando questi contenuti. La loro lotta è la nostra lotta e non lo diciamo in termini retorici o di mera solidarietà, ma perché le difficoltà che queste famiglie e i lavoratori stanno vivendo, è il risultato pratico, tangibile e quotidiano delle politiche economiche di rigore.

Se non saremo in grado di porre almeno un argine, questo si ripercuoterà su tutti i servizi sociali. Sono in ballo la qualità e la dignità della vita di tutti noi.