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domenica 12 agosto 2012

SUNDAY MAGAZINE



SAN LORENZO

San Lorenzo , io lo so perché tanto
di stelle per l'aria tranquilla
arde e cade, perché si gran pianto
nel concavo cielo sfavilla.
Ritornava una rondine al tetto :
l'uccisero: cadde tra i spini;
ella aveva nel becco un insetto:
la cena dei suoi rondinini.

Ora è là, come in croce, che tende
quel verme a quel cielo lontano;
e il suo nido è nell'ombra, che attende,
che pigola sempre più piano.

Anche un uomo tornava al suo nido:
l'uccisero: disse: Perdono ;
e restò negli aperti occhi un grido:
portava due bambole in dono.

Ora là, nella casa romita,
lo aspettano, aspettano in vano:
egli immobile, attonito, addita
le bambole al cielo lontano.

E tu, Cielo, dall'alto dei mondi
sereni, infinito, immortale,
oh! d'un pianto di stelle lo inondi
quest'atomo opaco del Male!

(G.PASCOLI)

CONTRIBUTO DI ROBERTA

Il venditore di accendini


Ancora qualche parcheggio libero, per fortuna!
Patrizia fece una rapida manovra e puntò al più vicino rettangolo di asfalto bordato di bianco,
che in quel momento le parve più bello di un quadro d’autore.
Era in ritardo: si era innervosita per via del traffico e dei lavori in corso, e si rammaricò di essere stata scortese con Luigi, l’anziano giornalaio.
Luigi era piuttosto lento nel servire i clienti, un po’ per il tremito che aveva alle mani, un po’ per la sua abitudine di chiacchierare amabilmente con tutti: Patrizia di solito era paziente, ma quella mattina lo aveva interrotto bruscamente: “Ho fretta, mi scusi!”
Lui invece di offendersi le aveva teso i giornali con un sorriso :” Ha ragione…per farmi perdonare offro io questa mattina” e lei si era sentita così meschina, accidenti!
Scese dalla macchina ed ecco venirle incontro il venditore ambulante senegalese, con il suo borsone e la sua scatola di paccottiglie: sempre lo stesso, lo trovava nel parcheggio a ogni ora, tanto che lei si chiedeva a volte se per caso non vivesse lì, rifugiandosi la notte in qualche portone o giardino.
Ogni tanto lo accontentava comprando accendini o altro, ma più spesso gli metteva in mano un paio di monete e andava via senza ascoltare i suoi ringraziamenti in un italiano stentato: così fece anche questa volta, e a passo rapido raggiunse il bar sotto l’ufficio per una colazione al volo.
Naturalmente a quell’ora il locale era pieno, però diverse ragazze si adoperavano svelte per servire i clienti.
Quella che le preparò il cappuccino lavorava lì da un paio di settimane: piccola, cicciottella, aveva i capelli cortissimi di un assurdo colore biondo-rosa e uno sciame di piccoli orecchini d’argento: la bocca era imbronciata, e il trucco pesante non riusciva a mimetizzare il gonfiore delle palpebre, che a Patrizia evocò balli sfrenati e palpeggiamenti di ragazzi fino all’alba, in una nottata avvelenata di alcool e chissà che altro…scuotendo la testa, si disse che in ogni caso non erano affari suoi, e sospirò preparandosi ad affrontare il lavoro.
******
Era uscita dall’ufficio un’ora e mezza più tardi del solito: colpa del suo principale, che all’ultimo momento si era ricordato di alcune pratiche urgenti, e ovviamente aveva chiesto a lei di sbrigarle!
La strada a quell’ora era praticamente deserta, e Patrizia provava una certa apprensione all’idea di raggiungere il parcheggio: erano poche decine di metri, è vero, ma quel percorso era poco in vista e l’illuminazione era scarsa.
Si fece coraggio e arrivò nelle vicinanze della sua macchina: stava già tirando fuori dalla borsa le chiavi, quando notò che due uomini, forse due ragazzi, con i cappucci delle felpe calati sul viso, si stavano dirigendo verso di lei.
La paura le saettò gelida attraverso il corpo: si guardò intorno ma non c’era nessuno…solo, piuttosto lontano, il venditore senegalese che sembrava non essersi accorto di niente.
Il suo primo impulso fu di gridare, ma un pensiero la trattenne: e se lui fosse stato un complice?
I due erano vicinissimi e Patrizia tirò fuori il portafogli:
“Prendete, i soldi sono qui dentro…lasciatemi andare vi prego”
Uno dei due le strappò il portafogli di mano sogghignando, ma l’altro l’afferrò per un braccio e si impossessò della borsa: nel farlo le sfiorò il seno con la mano avida, indugiò ad accarezzarlo,
sussurrando “Però…niente male…”
Patrizia era pietrificata: lasciò cadere a terra le chiavi, temette di svenire…
“Lasciatela stare”
A gridarlo, con voce nitida e ferma, era stato il venditore senegalese che si avvicinava a passi rapidi: si era liberato del logoro borsone, e tutto il suo corpo spirava forza e fierezza.
La luce di uno dei rari lampioni lo investì: la sua espressione di solito mite adesso era intensa e terribile, da guerriero: diffondeva intorno a sé una strana energia, come la nube minacciosa di un temporale.
“Vattene negro” sibilò uno dei due, tirando fuori dalla tasca un coltello: e lui si fermò, ma iniziò a ridere, una risata fredda e sprezzante.
Patrizia crollò in ginocchio, serrando gli occhi. Non vide che il senegalese fissava ancora i due, e che le sue iridi così scure avevano iniziato a illuminarsi, ad ardere come due piccoli soli che laceravano l’aria semibuia: i due malintenzionati presero a tremare convulsamente, le loro mani, non più guidate dalla loro volontà, lasciarono cadere il coltello, la borsa e tutto il resto: i loro visi erano contratti dal terrore.
Il senegalese abbassò lo sguardo e fece un piccolo cenno con la testa: i due fuggirono inciampando, gemendo, si dileguarono in una via laterale.
Lui percorse con calma gli ultimi passi e raccolse il portafogli, lo mise nella borsa che poi appoggiò gentilmente sulla spalla di Patrizia: lei sussultò sentendosi toccare, aprì gli occhi.
Lui l’aiutò a rialzarsi:
“Non hai più niente da temere” le disse in tono rassicurante “ hai un angelo dalla tua parte”.

*****

“Il fatto è che tutti voi avete la stessa immagine in testa”
L’aveva accompagnata nel bar sotto l’ufficio, e si erano seduti a un tavolo appartato, davanti a due tazze di tè: Patrizia si stava lentamente riprendendo, anche se stentava a credere a quanto accadeva.

“Quando pensate agli angeli vi vengono subito in mente riccioli biondi, tuniche e ali candide: ma se dovessimo apparire così daremmo un po’ troppo nell’occhio, non credi ?” continuò lui ammiccando allegramente.
“Invece quando siamo qui sulla Terra noi prendiamo l’aspetto di persone normalissime:
meglio ancora, di quelle persone che passano inosservate, che nessuno ricorda, a cui nessuno pensa più due minuti dopo averle viste…quelle con cui nessuno si sognerebbe di passare del tempo.
Così è più facile per noi aiutarvi: lo facciamo in modo silenzioso, nessuno se ne accorge di solito:
è raro che siamo costretti a scoprirci come è successo poco fa, e quando accade tutto viene dimenticato in poche ore , è così che deve essere…”
“Scusami, ma non riesco a credere a quello che mi dici: vorresti forse convincermi che ho conosciuto un angelo? Ma dai...non so proprio che pensare….”diceva lei prendendosi la testa tra le mani.
“Non uno” ribatté lui, “tu ne conosci anche altri, li incontri tutti i giorni senza sapere chi sono: siamo cinque...”
“Addirittura: e chi sarebbero questi altri? “ fece lei “Oddio, sto andando fuori di testa! Angeli...
sto sognando, non è vero tutto questo…”
“Non serve che ti dica io chi sono: chiudi gli occhi, e le prime persone che ti verranno in mente, ecco sono loro”
Patrizia chiuse gli occhi e nella sua mente presero forma nitidamente dei volti che ben conosceva: Giustina, la bizzarra vecchietta che dava cibo e rifugio ai gatti nel cortile dietro il suo palazzo, e che riusciva a far vivere anche quelli apparentemente spacciati…
Il ragazzino di cui non sapeva il nome, che lavava i vetri al semaforo del secondo incrocio, dove, (ora che ci pensava) non c’era mai stato un solo incidente: varie volte aveva visto le auto evitarsi per un soffio…
Luigi, sì proprio il giornalaio che quella mattina le aveva regalato i quotidiani, e che trovava sempre un parola confortante per tutti…
L’ultima era la giovanissima barista dai capelli biondo-rosa: riaprendo gli occhi Patrizia la vide seduta a un tavolo vicino.
La divisa del bar aveva lasciato il posto a un grazioso abito a fiori, e un sorriso dolcissimo le rischiarava il viso tondo e gli occhi verdi e freschi…un momento: gli occhi!
Ecco che cosa avevano in comune quelle persone: la stessa luce nello sguardo, quello scintillio dorato come di sole mattutino sulla brina…come aveva fatto a non accorgersi mai di niente?
La giovane barista si avvicinò al tavolo di Patrizia:
“Domani avrai dimenticato chi siamo, e così pure lo avranno dimenticato i due che volevano derubarti: però a te resterà la sensazione di non essere più sola.
Crederai che c’è sempre qualcuno che può aiutarti, e che l’aiuto ti può arrivare da dove meno te lo aspetti: noi ci siamo, questo lo sentirai sempre.”
“Non so che dire….non vi ho neppure ringraziato, che stupida…”
“Tranquilla: non servono il ringraziamenti, è il nostro lavoro! “ fece con un gesto d’intesa il senegalese.
“Adesso però è meglio che tu torni a casa: sarai stanca.”
Patrizia annuì: era davvero provata e non desiderava altro che andare a dormire.
“Aspetta” disse sorridendo la barista, “ ti accompagneremo fino alla macchina: siamo angeli, no? “

FINE
Questo racconto è frutto di fantasia.
Ogni riferimento a persone e fatti realmente accaduti è puramente casuale.


CONTRIBUTO DI TRANSIT


Aveva gli occhi

sfusi
e turgidi capezzoli
profumati.
nel sorriso
corridoi lunari,
negli occhi fotografia
di malinconia
e carrozze veloci
le gambe operaie:
lo sguardo
abbarbicato ai lobi
e le braccia a tenaglia
remoto il fastidio.
e femmina di ago e filo
la gonna lunga
e gelosia
a collo di pelliccia.


6 commenti:

Anonimo ha detto...

buona domenica!
Questa poesia di Pascoli
mi era tornata in mente proprio ieri..beh chi non l'ha imparata a scuola?
devo dire che di Pascoli amo poche poesie...
non è molto nelle mie corde, però questa è una delle più belle a mio parere
Roberta

Anonimo ha detto...

PS: certo vedere pubblicata una delle mie cose sotto una poesia così famosa è un po' buffo ih ih ih !
sempre Roberta...ciao

Anonimo ha detto...

SONO BRUNACCIO.

Ottimo, Roberta, continua il filone narrativo sugli angeli, che questa volta sono in incognito.
Mi piace questa metafora: spesso le persone più comuni e meno appariscenti sono 'gli angeli'che ci assistono con discrezione e quasi impercettibilmente, attraverso gesti importanti e poche chiacchiere.

Dico che sotto la poesia di Pascoli ci sta bene e vengo a dire perchè, così riprendo il tuo commento.

A me Pascoli piace (e anche a me questa piace molto, pur divergendo nella valutazione generale dell'autore) proprio per quella lettura 'soggettiva' ed evocativa della natura, nonchè per i tortuosi meandri psicologici che la sua poesia esprime...e allora, perchè non mettere qualche metaforico 'angelo' che illumina un po' 'quest'atomo opaco del male'?

Anonimo ha detto...

ciao, in effetti i due argomenti
si completano...
soltanto che Pascoli era infinitamente più bravo di me !
credo che oggi più che mai sia attuale la sua definizione di " atomo opaco del male" e non mi riferisco solo alla violenza evidente e brutale, ma anche a quella più strisciante e sommersa...

transit ha detto...

Aveva gli occhi
sfusi

e turgidi capezzoli
profumati.

nel sorriso
corridoi lunari,

negli occhi fotografia
di malinconia

e carrozze veloci
le gambe operaie:

lo sguardo
abbarbicato ai lobi

e le braccia a tenaglia
remoto il fastidio.

e femmina di ago e filo
la gonna lunga

e gelosia
a collo di pelliccia.

Anonimo ha detto...

SONO BRUNACCIO.

Bravissimo, Transit. La aggiungo subito.