Fino ad oggi abbiamo aspettato a parlare del progetto della nuova legge elettorale per farci un'idea chiara ed evitare il gossip che circonda questi eventi.
Tramite questo articolo ci siamo un po' chiariti le idee.
La legge che verrà avrà un effetto in più di quelli che vengono ivi elencati, ed è un effetto che ci tocca da vicino: se mai andasse in porto il sogno di molti di noi, cioè che la sinistra auto organizzata ed antagonista si trasformasse in forza politica (locale e magari europea, ma soprattutto socialista e bolivariana in senso mediterraneo aggiungerei io, come unica svolta reale e sostanziale), questa si troverebbe molto probabilmente fuori dal Parlamento, e dunque ben poco cambierebbe, sopratutto all'inizio.
Ciò non significa che non si debba provarci: in tempi come questi proporre soluzioni di classe potrebbe essere proprio la variabile determinante a favore (visto che ormai nessuno le propone e visto che i sedicenti partiti post ideologici stanno dimostrando la loro vera natura ideologica: quella dei padroni), soprattutto se ci si presenta con una piattaforma precisa, un lessico facile, e abbandonando certe suggestioni ( a mio avviso ribellistiche nelle forme e borghesi nelle soluzioni) post operaiste, ma mantenendo fortissime le lotte e le iniziative di auto organizzazione dal basso (dall'occupazione delle case, al recupero del biologico saltando i costi delle certificazione, al produrre una rete di sindaci contro il patto di stabilità e tante altre).E per questo, a parte alcune inezie nell'analisi iniziale, mi trovo d'accordo con l'articolo: il tempo a nostra disposizione è poco -i margini di manovra sono ormai al minimo- e la lotta di classe dei padroni si scatenerà attraverso la repressione e qualche altra diavoleria che costoro saranno in grado di immaginarsi...provarci è una necessità di resistenza e sopravvivenza.
da http://www.senzasoste.it/politica/il-renzusconi-e-i-compiti-del-terzo-stato
Il dado è tratto. Ma si tratta solo della seconda volta. In pochi, infatti, ricordano che tra le ragioni fondamentali della caduta del secondo governo Prodi ci fu la scelta dell'allora segretario Pd, Walter Veltroni, di siglare un'intesa sulla riforma elettorale con l'allora capo dell'opposizione, Silvio Berlusconi. Matteo Renzi, oggi, tenta la stessa strada. La ragione, come allora, è sempre la stessa e nel corso della Direzione del Pd che ha approvato con 111 voti a favore e 34 astensione, la proposta concordata da Renzi con Berlusconi sabato pomeriggio, l'ha detta con chiarezza un vecchio sindacalista come Franco Marini: "Non c'è nessuno oggi che, una volta eletto, possa risolvere la crisi economico-sociale italiana, la stessa di cui si nutre il Movimento Cinque Stelle". L'ex segretario della Cisl ha poi fatto il leader politico, il segretario dei Popolari, il candidato, bocciato, alla presidenza della Repubblica ma non ha perso il fiuto per i fatti reali. Il nodo che sottende, la legge elettorale, infatti, resta quello della "governabilità", cioè della stabilizzazione di un sistema istituzionale che fa acqua da tutte le parti.
L'instabilità era profonda già prima delle ultime elezioni ma "lo tsunami" Grillo ha aggravato, dal punto di vista dell'establishment, la situazione. La tripartizione politica ha reso inevitabile il ricorso alle "larghe intese" come cartina al tornasole di una crisi di direzione politica del Paese anche per effetto di un indebolimento strutturale delle classi dirigenti strozzate dalla competizione globale. Non ci sono soluzioni alla crisi all'orizzonte (nemmeno da parte dei Cinque stelle). In una simile condizione, qualsiasi governo sarà debole per molto tempo ancora, condizionato, dall'alto, dalle politiche europee e, dal basso, dalla volubilità elettorale. Renzi cerca di mettere un freno a quest'ultima per poi cercare di contrattare maggiori margini con la Ue. Ma è proprio la volubilità elettorale che va messa in riga, a partire dall'inaspettato successo di Grillo. Il segretario Pd, quindi, come Veltroni prima di lui e come anche Massimo D'Alema al tempo della Bicamerale, si fa interprete di una necessità "riformatrice" che in ultima analisi rappresenta una restaurazione. Il segno di fondo della proposta elettorale ne restituisce il senso.
Gli assi sono due: un premio di maggioranza rilevantissimo, del 18-20%, che si ottiene al raggiungimento della soglia del 35% dei voti, quindi molto bassa; sbarramento mostruoso all'8% per chi non si coalizza - quindi per tutte le ambizioni delle varie sinistre - e al 5% interno alla coalizione. Per cui, anche forze come Sinistra e Libertà non avranno altra scelta che confluire dentro al Pd se vorranno coalizzarsi con questo senza incorrere nella tagliola dello sbarramento. La democrazia resta un optional, la rappresentanza viene blindata, la "governance" resta indisturbata. Di fronte a tutto questo, la polemica sull'incontro con Berlusconi nella sede del Pd o sulla mancanza delle preferenze nella proposta renziana, appare stucchevole. Silvio Berlusconi è stato incontrato, in pubblico, in privato, in segreto, come si vuole, da tutti i dirigenti del centrosinistra. Hanno fatto accordi con lui in ogni latitudine gli stessi che oggi attaccano Renzi. L'ultima volta, quando si è trattato di scegliere il Presidente della Repubblica, sia quello bocciato, Marini, che quello attuale.
Quanto alle preferenze, rappresentano uno specchietto per le allodole: cosa farsene di fronte alle discriminanti di cui sopra? Il punto è che se il "Renzusconi" sarà approvato, l'anomalia italiana entrerà in una nuova e diversa fase. La rappresentanza sarà definitivamente preclusa a forze politiche parziali e abborracciate ma a quel punto, il salto di qualità istituzionale sarà stato così ampio che la prospettiva per forze di sinistra e anticapitaliste non potrà limitarsi ad accumulare sufficienti consensi per forzare lo sbarramento. La prospettiva, come è evidente già ora, sarà quella di costruire altre priorità, di organizzare quel "terzo Stato" che oggi si tenta di lasciare fuori, per compiere, di nuovo, una rivoluzione democratica e sociale. Con altre forme di rappresentanza democratica, altri assetti istituzionali legati a una prospettiva economica e sociale che destrutturi l'attuale sistema. Un compito immane, certo, ma non eludibile. La fine della "seconda Repubblica" è davvero alle porte.
Per avere un'idea di come sarà composto il parlamento con questo progetto di legge elettorale, guarda la simulazione di youtrend
Thomas Müntzer
tratto da http://www.communianet.org
21 gennaio 2014
Tramite questo articolo ci siamo un po' chiariti le idee.
La legge che verrà avrà un effetto in più di quelli che vengono ivi elencati, ed è un effetto che ci tocca da vicino: se mai andasse in porto il sogno di molti di noi, cioè che la sinistra auto organizzata ed antagonista si trasformasse in forza politica (locale e magari europea, ma soprattutto socialista e bolivariana in senso mediterraneo aggiungerei io, come unica svolta reale e sostanziale), questa si troverebbe molto probabilmente fuori dal Parlamento, e dunque ben poco cambierebbe, sopratutto all'inizio.
Ciò non significa che non si debba provarci: in tempi come questi proporre soluzioni di classe potrebbe essere proprio la variabile determinante a favore (visto che ormai nessuno le propone e visto che i sedicenti partiti post ideologici stanno dimostrando la loro vera natura ideologica: quella dei padroni), soprattutto se ci si presenta con una piattaforma precisa, un lessico facile, e abbandonando certe suggestioni ( a mio avviso ribellistiche nelle forme e borghesi nelle soluzioni) post operaiste, ma mantenendo fortissime le lotte e le iniziative di auto organizzazione dal basso (dall'occupazione delle case, al recupero del biologico saltando i costi delle certificazione, al produrre una rete di sindaci contro il patto di stabilità e tante altre).E per questo, a parte alcune inezie nell'analisi iniziale, mi trovo d'accordo con l'articolo: il tempo a nostra disposizione è poco -i margini di manovra sono ormai al minimo- e la lotta di classe dei padroni si scatenerà attraverso la repressione e qualche altra diavoleria che costoro saranno in grado di immaginarsi...provarci è una necessità di resistenza e sopravvivenza.
da http://www.senzasoste.it/politica/il-renzusconi-e-i-compiti-del-terzo-stato
Il dado è tratto. Ma si tratta solo della seconda volta. In pochi, infatti, ricordano che tra le ragioni fondamentali della caduta del secondo governo Prodi ci fu la scelta dell'allora segretario Pd, Walter Veltroni, di siglare un'intesa sulla riforma elettorale con l'allora capo dell'opposizione, Silvio Berlusconi. Matteo Renzi, oggi, tenta la stessa strada. La ragione, come allora, è sempre la stessa e nel corso della Direzione del Pd che ha approvato con 111 voti a favore e 34 astensione, la proposta concordata da Renzi con Berlusconi sabato pomeriggio, l'ha detta con chiarezza un vecchio sindacalista come Franco Marini: "Non c'è nessuno oggi che, una volta eletto, possa risolvere la crisi economico-sociale italiana, la stessa di cui si nutre il Movimento Cinque Stelle". L'ex segretario della Cisl ha poi fatto il leader politico, il segretario dei Popolari, il candidato, bocciato, alla presidenza della Repubblica ma non ha perso il fiuto per i fatti reali. Il nodo che sottende, la legge elettorale, infatti, resta quello della "governabilità", cioè della stabilizzazione di un sistema istituzionale che fa acqua da tutte le parti.
L'instabilità era profonda già prima delle ultime elezioni ma "lo tsunami" Grillo ha aggravato, dal punto di vista dell'establishment, la situazione. La tripartizione politica ha reso inevitabile il ricorso alle "larghe intese" come cartina al tornasole di una crisi di direzione politica del Paese anche per effetto di un indebolimento strutturale delle classi dirigenti strozzate dalla competizione globale. Non ci sono soluzioni alla crisi all'orizzonte (nemmeno da parte dei Cinque stelle). In una simile condizione, qualsiasi governo sarà debole per molto tempo ancora, condizionato, dall'alto, dalle politiche europee e, dal basso, dalla volubilità elettorale. Renzi cerca di mettere un freno a quest'ultima per poi cercare di contrattare maggiori margini con la Ue. Ma è proprio la volubilità elettorale che va messa in riga, a partire dall'inaspettato successo di Grillo. Il segretario Pd, quindi, come Veltroni prima di lui e come anche Massimo D'Alema al tempo della Bicamerale, si fa interprete di una necessità "riformatrice" che in ultima analisi rappresenta una restaurazione. Il segno di fondo della proposta elettorale ne restituisce il senso.
Gli assi sono due: un premio di maggioranza rilevantissimo, del 18-20%, che si ottiene al raggiungimento della soglia del 35% dei voti, quindi molto bassa; sbarramento mostruoso all'8% per chi non si coalizza - quindi per tutte le ambizioni delle varie sinistre - e al 5% interno alla coalizione. Per cui, anche forze come Sinistra e Libertà non avranno altra scelta che confluire dentro al Pd se vorranno coalizzarsi con questo senza incorrere nella tagliola dello sbarramento. La democrazia resta un optional, la rappresentanza viene blindata, la "governance" resta indisturbata. Di fronte a tutto questo, la polemica sull'incontro con Berlusconi nella sede del Pd o sulla mancanza delle preferenze nella proposta renziana, appare stucchevole. Silvio Berlusconi è stato incontrato, in pubblico, in privato, in segreto, come si vuole, da tutti i dirigenti del centrosinistra. Hanno fatto accordi con lui in ogni latitudine gli stessi che oggi attaccano Renzi. L'ultima volta, quando si è trattato di scegliere il Presidente della Repubblica, sia quello bocciato, Marini, che quello attuale.
Quanto alle preferenze, rappresentano uno specchietto per le allodole: cosa farsene di fronte alle discriminanti di cui sopra? Il punto è che se il "Renzusconi" sarà approvato, l'anomalia italiana entrerà in una nuova e diversa fase. La rappresentanza sarà definitivamente preclusa a forze politiche parziali e abborracciate ma a quel punto, il salto di qualità istituzionale sarà stato così ampio che la prospettiva per forze di sinistra e anticapitaliste non potrà limitarsi ad accumulare sufficienti consensi per forzare lo sbarramento. La prospettiva, come è evidente già ora, sarà quella di costruire altre priorità, di organizzare quel "terzo Stato" che oggi si tenta di lasciare fuori, per compiere, di nuovo, una rivoluzione democratica e sociale. Con altre forme di rappresentanza democratica, altri assetti istituzionali legati a una prospettiva economica e sociale che destrutturi l'attuale sistema. Un compito immane, certo, ma non eludibile. La fine della "seconda Repubblica" è davvero alle porte.
Per avere un'idea di come sarà composto il parlamento con questo progetto di legge elettorale, guarda la simulazione di youtrend
Thomas Müntzer
tratto da http://www.communianet.org
21 gennaio 2014
16 commenti:
SONO BRUNACCIO RIPORTO UN DIBATTITO SU FB CON UN COMPAGNO
Sbarramento al 5% se sei in coalizione (a patto che la coalizione prenda il 12%) e all'8% se vai da solo, listini bloccatti e premio di maggioranza: la coalizione che arriva al 35% prende quasi tutto. Altro che gossip, Bruno: qui non c'è più molto da aspettare. Questi vogliono scegliersi chi governa e si sceglieranno anche l'opposizione. La legge Acerbo del 1923 era più democratica. Purtroppo odo un gran silenzio.
Sandro
Il gossip era relativo a quello dei media su Renzi che chiama il Berlusca ecc ecc. D'altronde non ci si può fare molto: non vedo masse di persone disposte a circondare il parlamento. L'unica cosa da fare sarà riorganizzarsi appena passa la legge, pnesare di mobilitarsi per riuscire ad impedirla mi pare fuori realtà.
Brunaccio
Certo. Credo, però, che il colpo di teatro dell'incontro dell'anno (Renzi- Berlusconi) e il conseguente progetto di legge elettorale, rappresentino uno dei passi fondamentali, insieme alle leggi sul mercato del lavoro, del processo di passaggio di sovranità dal potere politico al potere finanziario. E' il vecchio progetto P2 che va avanti. Qualche mese fa una grande banca d'affari statunitense (mi sembra la JP Morgan) pubblicò una relazione sulle cause della crisi europea e le difficoltà nel superarla, ovviamente dal loro punto di vista: ebbene identificarono nelle Costituzioni dei paesi del sud Europa, l'ostacolo pricipale, perchè "troppo ancorate all'esperienza storica della guerra e quindi troppo democratiche". La lettera della BCE al governo italiano di due anni fa sui famosi compitini a casa va avanti indisturbata: Fiscal Compact, pareggio di Bilancio in Costituzione, privatizzazzioni massiccie di grandi aziende e di pezzi della sanità (oggi è al Consiglio dei Ministri quella su Poste Italiane), legge elttorale, mercato del lavoro. Non vorrei essere particolarmente pessimista, ma credo che siamo già fuori tempo massimo e forse pensare di riorganizzarsi appena passa la legge elettorale potrebbe rivelarsi solo una tranquillizzante illusione.
Sandro
Condivido quasi tutto, nel senso che il discorso del potere decisionale si trasferisce però verso il parlamento europeo, e forse non nelle immediate elezioni per i tempi tecnici (anche se per, personalmente, facesse un bel risultato Tspiras non sarebbe male, nonostante alcune cose di Syriza non mi abbiano troppo convinto, ma sarebbe lungo) ma nell'arco delle successive è verso là che si potrebbe guardare. Ciò detto, riorganizzarsi dopo la legge non è un'illusione, in quanto è una non scelta giacchè è l'unico tentativo possibile da fare, tenendo un occhio alla dimensione europea, su cui dicevo nel post, e un altro alle possibili mobilitazioni (oltre a quelle attuali della logistica che sono il segmento operaio più avanzato giacchè ove si fermano loro qua da noi si ferma tutto e di lì la durezza repressiva) e al tentativo di costruire un tentativo di sperimentazione sociale che di fatto è opposizione sociale. D'altronde come non essere pessimisti? Ma bisogna sempre provare a lavorare coi mezzi e le materie possibili, anche in situazioni drammatiche.
Brunaccio
Una testa, un voto!
Guido
Caro Bruno vorrei poter essere d'accordo con te, ma credo che le cose stiano un po diversamente. Le leve decisionali del potere finanziario, economico e ora anche politico, sono altrove. Ed il ritardo nel prendere coscienza di questa condizione credo sia uno dei motivi della difficoltà nell'organizzare una efficace e credibile opposizione sociale e politica. Aggrapparsi all'esperienza Tsipras potrebbe rivitalizzare un po il dibattito, ma a giudicare già dalle manovre opportunistiche che si sono messe in moto, la vedo dura.
Sandro
Capiamoci, pure io vedo nella candidatura Tspiras nè più nè meno che un incremento del dibattito. Ma attenzione: quando dici che le decisioni che contano vengono prese fuori dai parlamenti, sembra sempre che sia qualcosa di nuovo...in epoca della Guerra Fredda era esattamente la stessa cosa. Ovviamente c'era maggior ambito decisionale, maggiori poltiche economiche ma le scelte di campo le prendevano gli Usa, allo stesso modo che fa oggi con il TTIP. E' evidente che non mi aggrappo a nulla (anzi a Tspiras contesto diverse impostazioni troppo lontane dalla centralità della teoria del valore-lavoro e il rifiuto della categoria dell'imperialismo concentrandosi solo sul capitale finanziario, come se quest'ultimo fosse qualcosa a sè), ma semplicemente cerco di essere realista senza cadere nel pessimismo del lamento e del dire cosa si sarebbe potuto fare e che oggi non si può far nulla in mancanza di mobilitazioni. Faccio politica da quando ho 15 anni e ho imparato che non deve essere questa la forma mentis del comunista, ma deve essere il lavoro della talpa: accettare sofferenze, retrocessioni, momenti di stallo totale aspettando il varco per agire, sia noi che le generazioni a venire.
Brunaccio
Con questo, caro Sandro, capisco benissimo il tuo pessimismo, in quanto fondato su motivi ben oggettivi dovuti all'analisi di fase sostanzialmente corretta anche per me. Ma credo che la teoria gramsciana dell'ottimismo della volontà, per quanto apparentemente poco più che un motto letterario, abbia spesso pagato nella Storia. Il problema ineludibile rimane quello dell'organizzazione, come passare dall'autogestione di base ad incidere sui meccanismi dell'economia politica, contando che peraltro essa investe anche larghi territori del mondo. Ecco, io vedo che questo è un problema che come tale comincia ad essere avvertito a livello di movimento tutto (anche europeo), e allora voglio pensare che il mio (voluto) ottimismo della volontà abbia anche qualche base di oggettvità...piccola piccola lo so ;-).
Brunaccio
Francamente la tua Bruno mi semmbra un analisi un po antica. Non solo i meccanismi dell'esercizio del potere internazionale sono cambiati rispetto ai tempi della guerra fredda ma anche rispetto a solo due anni fa. In quanto al pessimismo del lamento ho detto esattamente il contrario: ho constatato che la possibilità organizzativa di una opposizione sociale e politica sta perdendo continue occasioni, rinchiusa in piccoli steccati ed in un sostanziale immobilismo. Altro che accettare sofferenze e retrocessioni: io affermo che qui ci stanno massacrando, tutti, e noi siamo incapaci di praticare una risposta, nonostante piccoli e limitati tentativi di invertire la tendenza. Non è quindi un lamento bensi la mia lettura della realtà. Se anche di fronte al tentativo di massacrare la rappresentatività parlamentare, continuiamo a fare scena muta, temo che il prossimo passo sarà il manganello e l'olio di ricino. O no?...
Sandro
I motivi della crisi sono dovuti ad uno squilibrio della ricchezza e a una sua assurda redistribuzione e dunque ad una saturazione del mercato in alcune aree del globo e ad una sua assenza su altre, usate come saccheggio di materie prime e/o forza lavoro, e inviterei a stare attenti alla distinzione tra capitale finanziarizzato e finanza a se stante. Esistono studi, anche su questo blog riportati, che mostrano come la storia degli ultimi trent'anni su scala mondiale mostri un aumento globale mondiale del lavoro salariato e una lotta continua dei padroni per abbatterne il costo parallelamente accedendo a materie prime a basso costo su scala mondiale magari con guerre umanitarie. Non so se sei stato alla conferenza a Senigallia di Bersani o hai letto il suo Trojka, ma a me pare chiaro che se si vuol centrare la fase si deve sempre notare come capitale mercantile e finanziario siano sempre legati, a partire dai cda. Sul resto, scusami se sono stato troppo brusco ma non riesco a capire la tua proposta, che possa dare una svolta ulteriore a quella qua presentata.
sull'analisi antiquata, diceva un vecchio barbuto ormai quasi un secolo e mezzo fa: 'La speculazione di regola si presenta nei periodi in cui la sovrapproduzione è in pieno corso. Essa offre alla sovrapproduzione momentanei canali di sbocco, e proprio per questo accelera lo scoppio della crisi e ne aumenta la virulenza. La crisi stessa scoppia dapprima nel campo della speculazione e solo successivamente passa a quello della produzione. Non la sovrapproduzione, ma la sovraspeculazione, che a sua volta è solo un sintomo della sovrapproduzione, appare perciò agli occhi dell'osservatore superficiale come causa della crisi'. Pare proprio calzante degli ultimi decenni...a sti vecchi tocca ascoltall,i so saggi! :)
Per il resto, mi sembra, a livello di proposta, che tu stia pensando ad una manifestazione di massa contro questa svolta. Se ho ben capito, secondo te quanta gente scenderebbe in piazza e quale radicalità nelle pratiche e nel progetto alternativo riusciresti a mettere in campo? Secondo me zero o giù di lì, e una manifestazione riuscita male da al potere un netto segnale di debolezza e rischia di ritorcersi contro. Anche di questi fenomeni la storia, pure recentissima, è piena. Sui meccanismi del comando politico, certo essi si sono accelerati, ma l'Italia di fatto non ha mai potuto scegliere un'alternativa di sistema, anche volendolo, e questa è la sostanza di quanto intendevo. Anche qua Gramsci ricorda che quando i comunisti rischiano di perdere in modo ridicolo sul terreno parlamentare è meglio che producano lotta e organizzazione dal basso...e pure questo vecchietto era abbastanza saggio.
Brunaccio
sulla lettura della crisi, Bruno, siamo lontani. Sulla proposta, ho cercato di spiegare qualcosa di molto più articolato di una semplice e inutile manifestazione. Evidentemente fb non il mezzo più adatto per intendersi. Ad un'altra occasione. Un abbracio.
Sandro
Qua lo diciamo sempre, ma poi non ci incontriamo mai. Più che altro per le cause, che a me sembrano evidenti -guarda quanto pagano il lavoro salariato Amazon o Apple o l'industria automobilistica o quella dei minerali preziosi e quanto plusvalore privatizzato e specularizzato ne esce e come questa sia la base di tutta la finanziarizzazione perchè permette un accumulo tale di capitali da poterlo esponenzializzare senza pagare il lavoro vivo tramite la speculazione, la quale, senza una redistribuzione del reddito, finisce sempre in una bolla, dunque causa apparente ma non sostanziale per capire ciò che intendo,e qua invece hai il link con lo studio di riferimento http://www.precariunited.blogspot.it/.../la-formazione-di... per spiegarmi meglio- non vedo molte possibilità di analisi alternative, sulla proposta, se da essa non è conseguente, potremmo ragionarne. Oggi pom alle 17,30 all'arvu c'è la presentazione di un libro, se ci sei magari facciamo due parole.
ecco sarebbe interssante capire da dove partono e dove arrivano e attraverso quali percorsi, quel tipo di politiche evidenziate da questi studi.Tanto per capire, innanzitutto, chi è l'avversario, perchè già su questo vedo tanta confusione. Io credo per esempio che oggi un'organizzazione politica che si prefigge un cambiamento, debba finalmente iniziare a discutere dei meccanismi del gruppo Bilderberg o della Commissione Trilaterale, invece ieri al congresso nazionale di SEL parlavano ancora di Renzi e Berlusconi. Della serie: parliamo della luna o continuiamo a parlare del dito?... Oggi pomeriggio lavoro...sono tra quei pochi fortunati...Alla prossima.
Sandro
Certamente il Bilderberg o la Trilateral sono le riunioni in cui la governance del capitale finanziarizzato (e non della finanza, giacchè ci sono anche le multinazionali coi loro advisors dentro) pianifica le sue strategie di espansione mondiale -che vuol dire provocare guerra e miseria per pagare meno il lavoro, sottrarre risorse e prendersi zone strategiche-, e come te so bene che non c'è nulla di complottista in ciò (altro è la pseudoteoria degli Illuminati che ne è la deriva complottista),dal momento che il capitale deve sempre espandersi per le leggi del capitalismo stesso, e un capitale finanziarizzato e globalizzato necessita di una precisa strategia e organizzativa, giacchè non parliamo del frutta e verdura (che, seppur su scala minore, ha anche esso bisogno di strategia). In tutto ciò per me rimane fondante trovare il modo di sottrare spazi e forme auto organizzate di reddito all'attacco del capitale a partire dai territori, e sui modi e sulle forme torneremo a parlarne appena possibile. Ciao, un abbraccio anche a te!
Brunaccio
Un ultimo appunto poi la finisco co sto pippone. Se vai a leggerti i partecipanti al Bilderberg dello scorso anno (forse lo hai già fatto) che si è tenuto dal 6 al 9 giugno in un hotel di lusso della campagna inglese, vedrai che non c'è solo il capitale finanziarizzato. Le cose le fanno come si deve...
Sandro
L'avevo letta tempo fa. Ovviamente, se ben ricordo, ci sono anche i loro referenti politici a livello nazionale ed europeo, i giornalisti e gli 'economisti' di parte e tanta altra bella gente Ma quello lo davo per scontato...è la vecchia questione dell'economia politica (o meglio degli stretti rapporti tra la struttura dei rapporti economici sociali e la sua forma-stato) a cui accennavo sopra. Sti vecchi so proprio saggi! ;)
Brunaccio
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